Parkinson, effetto preventivo dei farmaci antidiabete

La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa, in termini di frequenza, dopo l’Alzheimer. Nei Paesi industrializzati ha un’incidenza annua di circa 12 persone su 100 mila e una prevalenza di circa 2 milioni. In Italia gli individui affetti sono circa 450 mila, in costante aumento rispetto al passato (nel 1990 erano 230 mila).

La patologia, leggermente più frequente negli uomini (60%) rispetto alle donne (40%), colpisce circa l’1% degli over 60 e raggiunge il 4% tra gli over 85, anche se alcuni casi possono verificarsi prima dei 50 anni e talvolta perfino prima dei 40 (Parkinson giovanile).

La malattia esordisce sei anni dopo

I ricercatori del Centro Parkinson e parkinsonismi dell’Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Gaetano Pini di Milano hanno condotto, con il contributo della Fondazione Grigioni, uno studio mirato a indagare l’interazione tra Parkinson e diabete.

La ricerca, recentemente pubblicata sul Journal of Neurology, è stata realizzata a partire dalla banca dati del Centro in cui sono presenti 37 mila pazienti. Tra questi, sono stati selezionati 8.120 assistiti visitati tra il 2010 e il 2019, osservando che le 7.707 persone non diabetiche hanno manifestato il Parkinson poco dopo i 60 anni, mentre le 413 con diabete, che prendevano farmaci contro la patologia, hanno presentato il morbo mediamente dopo i 66 anni.

In pratica, in accordo con i risultati di altre sperimentazioni condotte su modelli animali, gli assistiti che assumevano medicinali antidiabetici hanno sviluppato la malattia di Parkinson sei anni dopo rispetto a quelli non sottoposti alla medesima terapia farmacologica.

Possibile ruolo anche nel ridurre la progressione

«Lo studio suggerisce una proprietà neuro-protettiva dei farmaci contro il diabete, come la metformina, aprendo alla possibilità di somministrarli alle persone predisposte a sviluppare il Parkinson, con l’obiettivo di ritardare l’insorgenza della patologia.

I dati raccolti, che sono molto significativi, inducono a indagare non solo la capacità preventiva dei medicinali antidiabetici, ma anche il loro ruolo nel ridurre la progressione della malattia dopo l’insorgenza», commenta il neurologo Gianni Pezzoli, primo autore della ricerca, presidente della Fondazione Grigioni e dell’Associazione italiana parkinsoniani.

Ioannis Isaias, direttore del Centro Parkinson, afferma: «Questa pubblicazione getta le basi per l’avvio di studi clinici comparativi in cui somministrare farmaci contro il diabete a persone che presentano fattori di rischio per lo sviluppo del Parkinson, come la presenza della malattia in famiglia, oppure sintomi antecedenti l’esordio del morbo, come agitazione notturna, riduzione dell’olfatto, voce flebile, e anche segni più generici, come la stipsi e una lieve depressione».

Lo studio costituisce, inoltre, una solida base per indagare con ulteriori ricerche le proprietà neuro-protettive di vari farmaci antidiabetici, per esempio gli analoghi del peptide-1 simil-glucagone (glucagon-like peptide-1, Glp-1).