Onco-cardiologia, il punto di vista dei farmacisti coinvolti

(immagine: Pixabay)

Gli avanzamenti diagnostici, da una parte, e farmacologici, dall’altra, hanno aumentato molto negli ultimi decenni il numero dei lungo-sopravviventi al cancro. Alcuni trattamenti, tuttavia, sono noti per generare una serie di effetti collaterali anche a lungo termine, tra i quali quelli cardiotossici.

È un dato di fatto che la popolazione di pazienti che sopravvivono al tumore ha un rischio maggiore della popolazione generale di sviluppare patologia cardiovascolare, in particolare disfunzione ventricolare sinistra, ipertensione arteriosa, ipertensione polmonare, allungamento del QT con aritmie maggiori e minori, sindromi coronariche acute, valvulopatie, pericardiopatie, tromboembolismo arterioso e venoso, aumentato rischio di stroke e arteriopatia obliterante cronica periferica.
La situazione si amplifica con l’invecchiamento della popolazione, perché sono sempre di più i pazienti oncologici fragili, anziani, con molte comorbidità, ai quali viene diagnosticato un tumore e per questi il rischio cardiotossico è anche maggiore.

Ecco allora che le linee guida internazionali e italiane richiedono che questa particolare popolazione sia periodicamente sottoposta a controlli cardiovascolari, meglio se da parte di una specifica équipe composta da cardiologo, oncologo o ematologo a seconda del tumore, e medico di base.

Qual è, in questo contesto, il ruolo del farmacista? Come professionista esperto di terapie farmacologiche, il farmacista è coinvolto nella cura dei soggetti oncologici a rischio di sviluppare cardiotossicità, ma quali sfide deve affrontare?

Uno studio canadese al quale hanno collaborato ricercatori dell’Alberta Health Services di Calgary, dell’Alberta College of Pharmacists di Edmonton e dell’University of Waterloo di Kitchener ha coinvolto otto farmacisti che lavorano in questo setting, elaborando i concetti da loro espressi per mettere in evidenza alcuni punti chiave.
In generale, lavorare in squadra consente di condividere le conoscenze specialistiche e portare a termine una valutazione di rischio più accurata, ma ci sono sfide da affrontare, in particolare il riconoscimento del proprio ruolo da parte degli altri membri del team, la carenza di risorse e una mancanza di continuità delle cure che spesso risultano frammentate.

Gli autori hanno quindi chiesto ai partecipanti come si potrebbe migliorare la situazione. Ecco alcune proposte: avere un ruolo più centrale nella gestione delle terapie oncologiche, creazione di ulteriori linee guida specifiche, possibilità di utilizzare appositi tool di supporto alla decisione clinica, creazione di una comunità di pratica cardio-oncologica che favorisca la connessione tra professionisti, lo scambio di idee e nuove evidenze e la collaborazione, permettendo un continuo miglioramento del servizio.

(Lo studio: Merali A, Anwar M, Boyd JM, McFarlane T, Daniluk M. Exploration of current pharmacy practice in cardio-oncology: Experiences & perspectives. Journal of Oncology Pharmacy Practice. 2022;0(0). doi:10.1177/10781552221145667)