Da tempo il mondo nanoscopico è entrato a far parte della farmacologia e della medicina: gli stessi vaccini a mRNA contro il Sars-CoV-2 sfruttano questa tecnologia innovativa e non sono i soli. Strutture nanoscopiche sono sempre più spesso sviluppate per trasportare i principi attivi in modo preciso alle cellule malate, aumentandone l’efficacie e riducendo il rischio di effetti collaterali sulle cellule sane.
Certo, si tratta di un mondo complesso, che non può essere trattato allo stesso modo della farmacologia classica. Sia dal punto di vista “manifatturiero” e di ricerca, che sotto il profilo legislativo.
Eppure, ancora non esistono leggi ad hoc che guidino la produzione dei nanofarmaci: un problema non solo per il mondo dell’industria farmaceutica, ma anche per i pazienti che li utilizzano. In particolare, al momento non esiste nemmeno una definizione giuridica di “nanofarmaco”, come non ci sono norme che regolamentano la corretta valutazione tra il nanofarmaco originator e le sue copie, i nanosimilari: ciò non garantisce che i nanosimilari rispondano a tutti i criteri di sicurezza ed efficacia necessari per l’immissione in commercio.
Un problema esistente non solo in Italia, ma anche a livello europeo.
Ecco perché nei giorni scorsi il tema è stato portato in Senato: promotrice dell’iniziativa, la senatrice Maria Rizzotti, componente della Dodicesima Commissione Igiene e Sanità del Senato, affiancata da una serie di esperti e rappresentanti delle Istituzioni. Spiega la senatrice: «abbiamo presentato diversi atti di sindacato ispettivo per portare all’attenzione del Ministro della Salute questo tema sul quale riteniamo sia prioritario intervenire, nell’ottica di garantire ai pazienti i più alti profili di sicurezza e adattare il sistema per consentire un accesso veloce e sicuro a quest’innovazione».
Tra gli intervenuti, anche la professoressa Paola Minghetti che insegna “Tecnologia e Legislazione Farmaceutica” all’Università degli Studi di Milano: «è essenziale garantire ai pazienti i più alti standard di qualità sia per i nanofarmaci, sia per i prodotti successivi a essi riconducibili. L’equivalenza deve essere valutata attraverso un percorso in grado di verificare i parametri che incidono sul comportamento del farmaco. La positiva esperienza maturata con i farmaci biologici e biosimilari porta a ritenere che anche per i farmaci non biologici complessi, quali i nanofarmaci, debba essere stabilita una specifica definizione a cui corrisponda un percorso scientifico-regolatorio rigoroso a garanzia della loro piena efficacia e sicurezza».
La mancanza di un quadro normativo chiaro, spiegano gli esperti, mette a rischio la sicurezza dei pazienti.
«È dunque fondamentale che i decisori politici, assieme ai rappresentanti dei pazienti, agli operatori sanitari e all’industria farmaceutica, intensifichino le loro azioni per contribuire allo sviluppo di un quadro normativo adatto e sostenibile per garantire la sicurezza dei pazienti e sviluppare medicinali innovativi in Europa», dichiara Laura Cigolot, referente della European Alliance for Access to Safe Medicines.
Le posizioni espresse e condivise dagli esperti sono oggetto di emendamenti al DD Concorrenza. Aspettiamo ora di vedere se questo passaggio porterà a qualche cambiamento o trasformazione del settore, promuovendo il pieno sviluppo di questa tecnologia innovativa.
Stefania Somaré