L’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli ha pubblicato i risultati di uno studio incentrato sull’uso sinergico dell’inibitore di blocco della risposta immunitaria anti-PD-1 e della cetirizina (antistaminico) in pazienti con melanoma avanzato.
L’incidenza del melanoma è quasi raddoppiata nell’ultimo decennio, arrivando a interessare oltre 15.000 italiani l’anno. Raro nei bambini, colpisce a partire soprattutto intorno ai 45-50 anni d’età e l’incidenza che aumenta con l’invecchiamento, anche se gli specialisti notano un abbassamento dell’età d’insorgenza.
Il melanoma avanzato non può essere curato, sebbene i nuovi farmaci permettano di cronicizzarlo e aumentare la sopravvivenza del paziente, che è comunque legata al numero di metastasi che si sono generate e alla loro sede, oltre che alle caratteristiche genetiche del tumore e al sesso del paziente, a parità degli altri aspetti, infatti, le donne hanno una sopravvivenza maggiore degli uomini.
Nel loro studio, pubblicato sul Journal of Translational Medicine, gli esperti dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli hanno quindi coinvolto 121 pazienti con melanoma in stadio IIIb, IIIc o IV, trattati con l’agente anti-PD-1 in prima linea, o dopo trattamento con ipilimumab, e ne hanno valutati gli esiti, associandoli alla contemporanea assunzione di cetirizina o meno.
Sui 121 pazienti inclusi nella ricerca, ben 71 avevano assunto l’antistaminico, nella maggioranza dei casi come preparazione alla terapia antitumorale. Per scendere nel dettaglio, di questi 71 soggetti, 49 facevano parte del gruppo trattato con l’agente anti-PD-1 in prima linea, mentre gli altri avevano già ricevuto anche ipilimumab.
Gli autori hanno quindi calcolato per tutte le sottopopolazioni di pazienti, e confrontato, la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza generale (OS), il tasso di controllo della malattia (DCR) e il tasso di risposta oggettiva (ORR). Si sono così accorti che i pazienti che hanno assunto anche l’antistaminico in concomitanza all’agente anti-PD-1 avevano miglioramenti, rispetto agli altri, in tutti i parametri, purché non fossero già stati trattati in precedenza con ipilimumab.
Gli autori hanno anche cercato di capire la ragione di questa interazione tra il farmaco antitumorale e l’antistaminico: hanno così osservato un aumento, in questi pazienti, dell’espressione dei geni FCGR1A/CD64, marker specifici dei monociti M1, CCL8, IFIT1, IFIT3 e RSAD2, che nel loro insieme sono coinvolti nella risposta cellulare all’interferone gamma. Ciò suggerisce che l’antistaminico cetirizina sia in grado di promuovere l’azione dell’agente Anti-PD-1 attraverso la via dell’interferone gamma, appunto, favorendo la polarizzazione dei macrofagi.
Il gruppo napoletano non è il primo ad avere osservato questa sinergia positiva nel trattamento del melanoma metastatico. A maggior ragione, vale la pena di prendere in considerazione l’uso di cetirizina per preparare i pazienti all’immunoterapia con agente anti PD-1, purché non siano già stati trattati con altri immunoterapici.
(Lo studio: Mallardo, D., Simeone, E., Vanella, V. et al. Concomitant medication of cetirizine in advanced melanoma could enhance anti-PD-1 efficacy by promoting M1 macrophages polarization. J Transl Med 20, 436 (2022). https://doi.org/10.1186/s12967-022-03643-w)
Stefania Somaré