Leucemia linfatica cronica, significativi risultati dalla terapia combinata ibrutinib e venetoclax

Sono stati presentati in occasione del congresso dell’American Society of Hematology – ASH 2021 i risultati aggiornati degli studi CAPTIVATE di fase 2 e GLOW di fase 3 sull’efficacia e sulla sicurezza della terapia combinata di ibrutinib e venetoclax nel trattamento di pazienti affetti da leucemia linfatica cronica.
La combinazione potrebbe rappresentare un efficace trattamento a durata fissa nei pazienti non precedentemente trattati.

In occasione del congresso annuale promosso dall’American Society of Hematology, Janssen ha presentato i dati aggiornati degli studi CAPTIVATE e GLOW circa l’efficacia e la sicurezza della combinazione di ibrutinib e venetoclax quale potenziale trattamento a durata fissa nei pazienti con leucemia linfatica cronica non precedentemente trattata.
Lo studio GLOW ha mostrato che il trattamento a durata fissa in prima linea di pazienti con ibrutinib più venetoclax induce una risposta profonda e prolungata, in termini di malattia minima residua non rilevabile. Lo studio CAPTIVATE ha mostrato inoltre che la terapia combinata consente una sopravvivenza libera da malattia e una malattia minima residua non rilevabile prolungate.

I risultati emersi

I nuovi dati dello studio CAPTIVATE di fase 2 – condotto su pazienti adulti con meno di 70 anni, inclusi pazienti con malattia ad alto rischio, divisi in due coorti –, attualmente in una fase di follow-up a 38 mesi, hanno messo in evidenza sia una malattia residua non rilevabile sia una sopravvivenza libera da malattia prolungate. A ciò si aggiunge che non sono state riscontrate recidive da malattia minima residua, progressioni cliniche o decessi dopo 24 mesi di follow-up nei pazienti con una malattia minima residua non rilevabile confermata dopo 12 cicli di terapia combinata ibrutinib + venetoclax, successivamente randomizzati al trattamento con placebo o alla prosecuzione con ibrutinib in monoterapia.

I nuovi dati dello studio GLOW di fase 3 – studio randomizzato, in aperto, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza del trattamento in prima linea a durata fissa di ibrutinib e venetoclax rispetto a clorambucil più obinutuzumab, in pazienti con leucemia linfatica cronica anziani, di età superiore a 65 anni, o di età compresa tra 18 e 64 anni con un punteggio CIRS – Cumulative Illness Rating Scale superiore a 6 o valori di clearance della creatinina inferiori a 70 mL/min, senza delezioni p17 o mutazioni TP53 note – hanno mostrato che la malattia minima residua non rilevabile era più prolungata in quei pazienti che erano stati trattati con ibrutinib + venetoclax a durata fissa rispetto ai pazienti trattati con una combinazione di clorambucil più obinutuzumab. Un’ulteriore analisi ha evidenziato che anche nell’anno successivo alla fine del trattamento la malattia minima residua non rilevabile era mantenuta.

«I dati presentati all’ASH sostengono le potenzialità del trattamento a durata fissa di ibrutinib più venetoclax nel determinare risposte durature come trattamento in prima linea, con un regime giornaliero tutto orale e senza chemioterapia», ha commentato Edmond Chan, EMEA Therapeutic Area Lead Haematology, Janssen-Cilag Limited. «Si tratta di dati incoraggianti, soprattutto per i pazienti ad alto rischio».

I dati presentati hanno mostrato che il trattamento per via orale una volta al giorno, a durata fissa, con ibrutinib e venetoclax ha determinato risposte più profonde e una malattia residua minima non rilevabile maggiormente prolungata rispetto alla combinazione terapeutica con clorambucil più obinutuzumab nel primo anno post-trattamento. Inoltre, sia nel sangue periferico che nel midollo osseo, le risposte erano proporzionalmente più profonde al livello di 10 a 5 nel gruppo ibrutinib + venetoclax rispetto al gruppo clorambucil più obinutuzumab.

«Gli studi GLOW e CAPTIVATE fanno parte di un ampio programma di sviluppo per valutare il potenziale della terapia a base di ibrutinib in pazienti affetti da leucemia linfatica cronica precedentemente non trattati, con varie esigenze e fattori di rischio, compresi quelli con malattia ad alto rischio», ha aggiunto Craig Tendler, Global Head of Late Development, Diagnostics & Medical Affairs, Hematology & Oncology, Janssen Research & Development, LLC. «I dati di questi studi dimostrano che i pazienti possono ottenere risposte profonde con questa combinazione di ibrutinib e venetoclax. Crediamo che questo regime orale, a durata fissa, possa offrire ai pazienti il potenziale per remissioni libere da trattamento e ai medici la flessibilità di usare ibrutinib in monoterapia o in combinazione considerando gli obiettivi di trattamento e i bisogni dei pazienti».

Elena D’Alessandri