Il monitoraggio a distanza sembra favorire un abbassamento della pressione sistolica e diastolica.
Dati della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa mettono in evidenza che in Italia in media il 33% degli uomini e il 31% delle donne soffre di ipertensione arteriosa, numeri ai quali vanno aggiunti quelli dei soggetti borderline, ovvero a rischio: il 19% per gli uomini e il 14% per le donne.
Dal momento che l’ipertensione arteriosa è un fattore di rischio importante per lo sviluppo di patologie cardio-vascolari, come infarto e ictus cerebrale, sarebbe utile monitorarne l’andamento e intervenire, sia farmacologicamente che con cambiamenti nello stile di vita, per ridurla.
Tuttavia è noto che l’aderenza terapeutica verso i farmaci antipertensivi è bassa. C’è, inoltre, da considerare che la carenza sempre più evidente di medici di base rende difficile una presa in carico efficace di questi pazienti. Da qui l’idea di utilizzare la telemedicina e, in particolare, il telemonitoraggio.
Una recente revisione statunitense ha inteso valutare l’utilità di questa opzione.
I risultati della revisione
Negli Stati Uniti l’ipertensione colpisce circa il 30% della popolazione, essendo responsabile indirettamente di circa il 35% delle morti.
Già sviluppata prima dell’avvento della pandemia da Sars-CoV-2, la telemedicina, in tutte le sue manifestazioni, si è successivamente diffusa a macchia d’olio, anche per rispondere ai problemi di carenza di personale medico, per raggiungere le aree più remote del Paese e per ridurre i costi della sanità.
Gli autori si sono concentrati nell’individuare studi sul telemonitoraggio domiciliare della pressione sanguigna pubblicati tra il 2020 e il 2022, quindi molto recenti.
Ne hanno trovati 6, tutti randomizzati e controllati, per un totale di 1.550 pazienti, 774 seguiti a distanza da un farmacista e 776 assistiti in modo tradizionale.
Ciò che risulta evidente è che il telemonitoraggio si associa a una riduzione statisticamente significativa della pressione sistolica e della pressione diastolica rispetto a una forma di assistenza più tradizionale.
Inoltre, sembra che l’intervento del farmacista favorisca l’uso di farmaci antipertensivi nei pazienti che ne hanno bisogno. Meno chiari gli effetti sull’aderenza terapeutica.
Cosa manca?
Come quasi sempre accade, la revisione indica anche quali ambiti di studio andrebbero approfonditi per avere una visione più completa della questione. Per esempio, la maggior parte degli studi prende in considerazione pazienti tra i 51 e i 62 anni, escludendo le fasce più anziane di popolazione che sono, invece, quelle maggiormente a rischio di ipertensione.
Inoltre, non è possibile identificare il metodo di telemonitoraggio più efficace, perché gli studi spesso ne usano di differenti. Infine, i lavori esistenti non permettono di definire il costo dell’intervento del farmacista ospedaliero in questo contesto.
(Lo studio: Baral N, Volgman AS, Seri A, Chelikani V, Isa S, Javvadi SLP, Paul TK, Mitchell JD. Adding Pharmacist-Led Home Blood Pressure Telemonitoring to Usual Care for Blood Pressure Control: A Systematic Review and Meta-Analysis. Am J Cardiol. 2023 Jul 25;203:161-168. doi: 10.1016/j.amjcard.2023.06.109. Epub ahead of print. PMID: 37499595)