La degenerazione maculare neovascolare senile e l’edema maculare diabetico, che colpiscono oltre 40 milioni di persone nel mondo, sono due delle principali cause di perdita della vista. Un problema ulteriormente aggravato dal fatto che molti pazienti dimostrano scarsa aderenza agli attuali trattamenti, che prevedono una iniezione intraoculare mensile.
È alla luce di ciò che molti esperti hanno accolto con favore l’approvazione, da parte della Commissione Europea, di faricimab, anticorpo bispecifico che può essere somministrato una volta ogni quattro mesi, concepito per inibire in modo indipendente le due vie metaboliche di angiopoietina 2 (Ang-2) e del fattore di crescita endoteliale vascolare A (Vegf-A), che determinano destabilizzazione vascolare, con conseguente infiammazione e crescita di vasi sanguigni anomali (neovascolarizzazione).
«Questo farmaco propone, per la prima volta in oltre un decennio, un nuovo meccanismo d’azione, che potrebbe proteggere e migliorare la vista con un numero ridotto di iniezioni nel tempo, offrendo così una terapia meno gravosa per pazienti, caregiver e sistemi sanitari», ha commentato Ramin Tadayoni, direttore del reparto di Oftalmologia degli Ospedali Lariboisière, Saint-Louis e Rothschild di Parigi e presidente eletto della European Society of Retina Specialists (Euretina).
Quattro sperimentazioni
L’approvazione di faricimab da parte dell’ente regolatorio si è basata sui risultati di quattro studi di fase 3, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco, internazionali: Tenaya e Lucerne sulla degenerazione maculare neovascolare senile, Yosemite e Rhine sull’edema maculare diabetico.
Coinvolti nelle ricerche 3.220 pazienti in totale, di cui 1.329 nel primo e secondo studio e 1.891 nel terzo e quarto. In particolare, il nuovo anticorpo è stato confrontato con l’attuale terapia a base di aflibercept, un medicinale anti-Vegf.
Le sperimentazioni hanno dimostrato che i partecipanti trattati con faricimab a intervalli massimi di quattro mesi hanno ottenuto miglioramenti della vista simili a quelli osservati con aflibercept ogni due mesi.
I dati dei quattro studi a due anni hanno evidenziato che oltre il 60% dei pazienti che ha ricevuto faricimab è riuscito a prolungare l’intervallo tra un trattamento e l’altro fino a quattro mesi, mantenendo stabile o migliorando la vista.
Inoltre, fino a due anni, gli assistiti con degenerazione maculare neovascolare o con edema maculare diabetico trattati con faricimab hanno ricevuto un numero medio di iniezioni inferiore rispettivamente del 33% (10 contro 15) e del 21% (11 contro 14) rispetto a quanto registrato con aflibercept.
Per quanto riguarda la sicurezza, faricimab è stato ben tollerato in tutti e quattro gli studi, mostrando un profilo di rischio-beneficio favorevole.
Tra le reazioni avverse più comuni (presenti in almeno il 3% dei pazienti), sono stati evidenziati cataratta, emorragia della congiuntiva, mosche volanti nel vitreo, distacco dell’epitelio pigmentato retinico, aumento della pressione intraoculare, dolore oculare.
In studio anche per l’occlusione venosa retinica
Articolato il programma di sviluppo clinico di faricimab, che include Avonelle-X, uno studio di estensione di Tenaya e Lucerne volto a valutare sicurezza e tollerabilità a lungo termine del farmaco nella degenerazione maculare neovascolare, e Rhone-X, uno studio di estensione di Yosemite e Rhine mirato a valutare sicurezza e tollerabilità nel lungo periodo nell’edema maculare diabetico.
Sono in corso anche gli studi Balaton e Comino per valutare l’efficacia e la sicurezza della molecola in pazienti con occlusione venosa retinica.
È stato, inoltre, avviato lo studio di fase 4 Elevatum in gruppi di pazienti con edema maculare diabetico sottorappresentati.
Paola Arosio