Farmaci per sindrome del QT lungo in pazienti chirurgici

Circa 1 nato vivo ogni 2.500 nasce con la sindrome del QT lungo, cardiopatia ereditaria caratterizzata dal prolungamento dell’intervallo QT sull’ECG basale e dal conseguente rischio di sviluppare aritmie gravi, che possono portare al decesso.

Si tratta di una condizione rara alla quale si affianca, però, una serie di sindromi determinate dall’assunzione di farmaci: sembra che circa il 3% delle prescrizioni farmacologiche riguardi farmaci che possono determinare un allungamento dell’intervallo QT (non solo antiaritmici).

Questi soggetti possono quindi andare incontro a tachicardie, palpitazioni e addirittura sincopi, soprattutto se sottoposti ad anestesia o altre procedure che alterano l’equilibrio corporeo. A tal proposito, un team tedesco ha pubblicato uno studio in cui cerca di capire quale sia la percentuale di pazienti ammessi in ospedale che assume questi farmaci ed è a rischio di sviluppare una sindrome da QT lungo.
Di questa indagine si sono occupati i farmacisti ospedalieri che hanno anche portato avanti un’azione di risk management. Su un totale di 837 pazienti chirurgici ammessi in ospedale nel periodo di riferimento, il 50% assumeva almeno un farmaco a rischio di allungare l’intervallo QT.
Vista da un altro punto di vista, su 3.376 farmaci presi in considerazione nello studio 723 sono stati classificati come capaci di allungare detto intervallo e venivano mediamente assunti in numero di 2 per paziente, con un range assoluto variabile tra 1 e 8.

I farmacisti ospedalieri li hanno quindi sottoposti a un’analisi del rischio per valutare il rischio di sviluppare la sindrome del QT lungo. Per farlo, hanno utilizzato il Tisdale Risk Score. Il 5% dei pazienti è stato classificato come ad alto rischio di sviluppare la sindrome, il 45% come a rischio moderato e il 50% a basso rischio.

Lo studio ha quindi messo in evidenza un problema concreto: molti dei pazienti ricoverati per sottoporsi a un intervento chirurgico assumono farmaci che possono prolungare l’intervallo QT e sono a rischio di sviluppare la sindrome del QT lungo.
Per ridurre questo rischio si può procedere con la riconciliazione dei farmaci, soprattutto nei soggetti che all’ammissione in ospedale assumono più di un farmaco di questo tipo.

Inoltre, sapendo quali pazienti sono a rischio alto e moderato di sviluppare la sindrome è possibile monitorarli adeguatamente per intervenire tempestivamente in caso di bisogno.
Lo studio evidenzia anche un altro aspetto da non sottovalutare: i medici, anche quelli territoriali, dovrebbero porre maggior accento sulle terapie farmacologiche dei propri assistiti, soprattutto in vista di un ricovero per intervento chirurgico. Lo studio è stato condotto presso l’Ospedale Universitario di Monaco e l’Ospedale Universitario di Lipsia.

(Lo studio: Strobach D, Schlattl A, Schiek S, Bertsche T. QTc-time-prolongating drugs and additional risk factors for long-QT-syndrome at hospital admission of surgical patients – risk assessment by pharmacists. Pharmazie. 2021 Nov 1;76(11):562-566. doi: 10.1691/ph.2021.1697. PMID: 34782042)

Stefania Somaré