Ecco perché le evidenze scientifiche sono fondamentali

Nel 1990 il professor John Chynoweth Burnham, ricercatore americano di fama, scrisse che «la scienza non esiste fino a quando non viene pubblicata». Proprio a questo tema è stato dedicato il webinar L’evidenza scientifica: il percorso dal dato sperimentale alla prescrizione della terapia, tenutosi l’11 novembre nell’ambito del congresso nazionale della Società italiana di farmacia clinica e terapia (Sifact), quest’anno giunto alla nona edizione e dedicato all’evidence based pharmacy.

La sfida della pubblicazione

In tale ambito un primo aspetto cruciale riguarda la pubblicazione di articoli su riviste scientifiche da parte dei farmacisti. Nel selezionare queste ultime, occorre tenere presenti due parametri: l’indicizzazione, ovvero la presenza in repertori bibliografici ufficiali come Pubmed, Scopus, Web of science, e l’autorevolezza, che viene calcolata tramite l’impact factor, un indice che misura il numero medio di citazioni ricevute nell’anno di riferimento dagli articoli pubblicati nei due anni precedenti.

A elargire alcuni consigli in proposito è Andrea Messori, direttore dell’unità operativa di Health tecnology assessment dell’Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale (Estar) della Toscana.

«Occorre verificare che il testo, se è in lingua inglese, abbia un’impostazione metodologica e una qualità linguistica perfette», suggerisce.
«Poi evitare le riviste non affidabili (predator) che prevedono un fee di pubblicazione (dai 300-400 ai 3 mila – 4 mila euro ad articolo) e che non sono indicizzate. E ancora, attenersi scrupolosamente a tutte le regole della rivista (per esempio, numero di parole, numero di referenze, nome delle sezioni in cui il testo è suddiviso); non inviare l’articolo a più riviste in contemporanea, ma agire in successione; consigliare alla rivista i revisori (referee), indicando numerosi nominativi, in modo da risultare imparziali».

Una rivista a cui Messori suggerisce di rivolgersi è Cureus, un giornale open access, indicizzato da Pubmed, che risponde celermente agli autori pubblicando gli articoli che hanno ricevuto almeno due valutazioni positive da parte dei revisori.

Attenzione alla qualità

Ma ciò che luccica non sempre è oro. Anche le riviste scientifiche più prestigiose possono, infatti, prendere degli abbagli, pubblicando studi che poi sono costrette a ritrattare.

«Negli ultimi anni il procedimento editoriale ha subìto una rilevante accelerazione», rende noto Francesco Visioli, professore di nutrizione umana del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova.

«E se da una parte ciò può favorire il dialogo scientifico, dall’altra può essere causa di superficialità nell’analisi dei lavori. In futuro occorrerà probabilmente trovare un compromesso tra velocità di pubblicazione e qualità degli articoli».

Le evidenze in tempi di emergenza

Anche durante la pandemia ci si è ritrovati in bilico tra due esigenze non sempre congruenti tra loro: quella di agire tempestivamente e quella di conoscere e approfondire.

«In periodi di crisi, le evidenze non vanno solo generate, ma interpretate e contestualizzate», sottolinea Maria Paola Trotta, dirigente del settore Hta ed economia del farmaco dell’Agenzia italiana del farmaco. «Anche nel corso delle emergenze sanitarie, la ricerca può e deve essere svolta. I trial, per quanto difficili da condurre, costituiscono l’approccio più affidabile per identificare rapidamente i trattamenti più efficaci, valutando benefici e rischi delle varie opzioni.

Via via che ulteriori informazioni e nuove conoscenze vengono rese disponibili, sarà necessario adeguare le decisioni e modulare i provvedimenti stabiliti. In ogni caso, la salute dei cittadini potrà essere tutelata nel miglior modo possibile solo rimanendo fedeli sull’evidence based medicine».

Gli errori nella comunicazione

Ma come è stato percepito tutto ciò dai cittadini? Piuttosto male, sembra. Non a caso il sondaggio condotto dai ricercatori di Observa Science in Society afferma che, tra marzo 2020 e marzo 2021, la fiducia nella scienza è crollata. Un calo dovuto, secondo Telmo Pievani, professore ordinario di Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, ad alcuni errori di comunicazione commessi dagli scienziati.

Tra questi, «riportare pareri, dati aneddotici, previsioni; limitarsi a raccontare i contenuti e i risultati, senza spiegare i processi e il funzionamento del metodo scientifico; porsi come autorità che veicolano una verità oggettiva e assoluta con atteggiamento paternalistico; guardare solo al proprio settore, avendo così una visione parziale; pretendere di instaurare un dibattito scientifico nei talk show televisivi o sui social, mezzi non idonei in quanto soggetti a tempistiche e logiche incompatibili con quelle di una seria divulgazione; parlare a titolo personale e non a nome di un’istituzione autorevole».
Pare proprio che, per risultare efficace, anche la comunicazione scientifica debba essere evidence based.

Paola Arosio