La tavola rotonda “Real world evidence e i benefici per i professionisti del life science” è stata occasione per approfondire il ruolo della real world evidence nel migliorare la qualità di vita dei pazienti. Come ha dichiarato Elena Peruzzi, evidence generation & data analytics head di Novartis, «ci sono aspetti fondamentali per quanto concerne il real world, a partire dall’assunto che i dati rispettino la realtà ed è fondamentale conoscerne la radice.
Inoltre, possono essere di diversi tipi e chi li utilizza deve essere consapevole che alcuni di questi dati hanno una struttura per la quale io posso fare ricerca, mentre altri, servono per vedere i trend, i movimenti, le modifiche, gli assetti organizzativi, le modalità di comportamento. Anche questi, sono altrettanto importanti in salute».
Nelle aziende l’utilizzo dei dati è il punto di partenza per la costruzione di servizi e prodotti.
Argentieri, Data Scientist & Analytics Traslator di Sanofi interviene sull’importanza del real world evidence.
«Va sottolineato che il real world evidence non è detto che sia ben strutturato. Per esempio, non è semplice accedere ai testi scritti. L’intelligenza artificiale ci mette a disposizione una chiave di lettura nuova, ancora da esplorare.
Possiamo fare venire alla luce queste evidenze attraverso varie tecniche, come la Named-entity recognition (NER), ovvero il riconoscimento di entità. Attraverso la lettura di migliaia di note, prese per altri motivi, è possibile ricavare delle entità».
Da qui, l’azione. Vado, dunque, a coinvolgere, magari, medici che non sono a conoscenza di una determinata evidenza, per il bene dei pazienti. Voce della Pubblica Amministrazione, Marco Foracchia, responsabile della Struttura Complessa ICT dell’Azienda USL di Reggio Emilia Irccs, prende posizione portando a esempio la realtà nella quale opera.
«Nella PA, le problematiche sono simili, seppur affrontate con una dinamica diversa. Mi ricollego alla realtà di Reggio Emilia La cultura di gestione del dato non si è ancora radicata: il PNRR può essere occasione per partire per una struttura pubblica.
La cultura del dato è dentro la visione strategica del suo trattamento: siamo consapevoli che lo scopo principale dei dati che raccogliamo è quello di curare al meglio il paziente, migliorare la qualità della sua vitala e avere anche una banda dati che potrebbe essere utili per un Clinical Trial.
Il mondo Pharma cerca tre cose: un modo legale per accedere al dato, una qualità del dato certificata, una strutturazione e una fruibilità del dato. Il dato clinico sta uscendo dai silos e sta iniziando ad essere governato, con una visione trasversale. Tutto questo è frutto della cultura del dato che si sta piano piano imponendo. Se il mondo Pharma vuole dialogare, occorre suggerire non tanto l’adozione di tecnologie, che sono un mezzo, ma una strategia di gestione del dato».
Un salto culturale importante: «In Italia, nell’ambito della sanità pubblica, oggi c’è troppa autoreferenzialità. Il PNRR ha, per la prima volta, un approccio più nazionale che potrebbe portare vantaggi anche dal punto di vista culturale».
Elena Peruzzi conclude: «Nella sanità, è un dovere studiare i dati di real world. Non è un optional, o un piacere. Deve essere uno degli obiettivi primari da realizzare e da misurare».