Tante ricerche made in Italy sono state presentate all’ultima edizione del congresso nazionale della Società Italiana di Neurologia.
«Numerosi gli studi realizzati da neurologi italiani», ha confermato con soddisfazione Alfredo Berardelli, professore ordinario di Neurologia e direttore del Dipartimento di Neuroscienze Umane all’Università Sapienza di Roma, oltre che presidente SIN.
«Nonostante i finanziamenti limitati, il nostro Paese si posiziona al quinto posto nel mondo per la realizzazione di ricerche scientifiche, dopo Stati Uniti, Cina, Germania, Gran Bretagna».
Del resto, l’impatto delle malattie neurologiche in Italia è rilevante: 12 milioni di persone presentano disturbi del sonno, oltre 6 milioni soffrono di emicrania, un milione convive con la malattia di Alzheimer, 400 mila sono colpiti dal morbo di Parkinson, 90 mila sono affetti da sclerosi multipla. Si registrano, inoltre, quasi 200 mila nuovi casi di ictus ogni anno, con circa un milione di persone costrette a sopportare gli esiti invalidanti della lesione.
Di queste e altre patologie si è discusso durante l’evento, dal quale sono emerse le principali novità.
Parkinson, prognosi in un test salivare
Dal 2018 i ricercatori dell’Università La Sapienza, guidati dal professor Berardelli, hanno lavorato per rilevare in modo non invasivo la proteina anomala alfa-sinucleina, un biomarcatore diagnostico precoce della malattia di Parkinson. Recentemente hanno scoperto che, tramite il test salivare, è possibile ottenere non solo la diagnosi precoce, ma anche un indice prognostico della patologia.
Alzheimer tra prevenzione e nuove terapie
Quando si tratta di Alzheimer, la prevenzione è importante. Lo studio finlandese Finger, pubblicato su varie riviste, ha, infatti, dimostrato che stimolazione cognitiva, alimentazione bilanciata, costante esercizio fisico sono in grado sia di ridurre lo sviluppo di demenza nelle persone a rischio, sia di rallentare la progressione in chi è già affetto dalla malattia.
Per quanto riguarda le terapie, sono disponibili due nuove molecole, donanemab e lecanemab. Le ricerche hanno evidenziato che entrambe riducono del 60% l’accumulo della proteina amiloide nel cervello, inducendo di conseguenza un rallentamento della progressione della patologia di circa il 30%.
«Questi farmaci appaiono efficaci anche in pazienti anziani già affetti da decadimento cognitivo, oltre a essere più tollerati rispetto ad altri medicinali», rende noto Alessandro Padovani, direttore della Clinica neurologica dell’Università di Brescia.
Emicrania da prevenire
Pure i pazienti che soffrono di emicrania possono giocare d’anticipo, utilizzando i nuovi farmaci per la prevenzione, finalizzati a ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi, come la tossina botulinica e gli anticorpi monoclonali diretti contro il peptide correlato al gene della calcitonina (Calcitonin gene related peptide, Cgrp). Oltre a essere efficaci (il numero di giorni con emicrania al mese viene ridotto di almeno la metà in circa il 70% dei pazienti), tali trattamenti sono anche sicuri e ben tollerati.
Da segnalare, sul tema, un recente studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Mondino di Pavia, che hanno valutato campioni di sangue di pazienti emicranici. Dall’analisi è emerso che i livelli di Cgrp e di micro-Rna erano significativamente più alti in coloro che abusavano di farmaci contro l’emicrania. La disassuefazione da tali medicinali ha comportato una riduzione di entrambi i parametri analizzati.
Nuovo farmaco contro l’insonnia
Un sonno ristoratore è fondamentale per rigenerare il cervello, prevenendo così anche varie patologie neurologiche. Ecco perché l’insonnia deve essere curata in modo appropriato, tenendo conto dei nuovi trattamenti a disposizione. Di recente l’ente regolatorio italiano ha approvato suvorexant, il primo antagonista dei recettori dell’orexina, sostanza coinvolta nella regolazione del ciclo sonno-veglia.
Atrofia muscolare spinale, arriva la terapia genica
Novità terapeutiche anche per l’atrofia muscolare spinale. È stato, infatti, autorizzato in Italia il farmaco onasemnogene abeparvovec, una terapia genica che esprime la proteina umana di sopravvivenza dei motoneuroni. Un altro possibile medicinale contro la malattia è nusinersen, un oligonucleotide antisenso che aumenta la produzione della medesima proteina.
Nuove armi pure contro la malattia di Pompe, rara patologia ereditaria determinata dall’assenza dell’enzima alfa glucosidasi. È stata, infatti, introdotta una terapia enzimatica sostitutiva, in grado di migliorare i disturbi motori e respiratori dei pazienti.
Infine, sono stati messi a punto nuovi farmaci, come eculizumab e efgartigimod, per trattare la miastenia gravis, una malattia autoimmune che colpisce i muscoli.
Intelligenza artificiale per la SLA
Spesso i malati di sclerosi laterale amiotrofica hanno gravi difficoltà di comunicazione e movimento. Viene ora in loro aiuto hypersurface, una nuova tecnologia che combina sensori vibrazionali con machine learning e intelligenza artificiale, trasformando ogni oggetto in un oggetto intelligente capace di riconoscere le interazioni fisiche.
I gesti del paziente potranno, quindi, essere interpretati dal sistema che li trasformerà in specifici comandi, rendendo superfluo l’impiego di tastiere, pulsanti, touch screen.
Altra novità è la possibilità di definire, fin dall’inizio della patologia, la prognosi dell’assistito, attraverso un modello personalizzato previsionale che tiene conto di vari fattori, tra cui l’età di esordio della malattia e il tempo intercorso prima della diagnosi.
Effetti del Covid sul cervello
Durante il congresso sono stati anche presentati i risultati dello studio multicentrico Neurocovid, a cui hanno partecipato 38 reparti di neurologia.
I ricercatori hanno reclutato, tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021, con follow-up fino al 31 dicembre 2021, quasi 3 mila pazienti affetti da Covid con complicanze neurologiche, dei quali quasi 2 mila ospedalizzati e un migliaio a domicilio.
A oggi è stata effettuata l’analisi dei pazienti ricoverati, che hanno manifestato encefalopatia acuta nel 25% dei casi, disturbi dell’olfatto o del gusto nel 20%, ictus ischemico nel 18%, disturbi cognitivi nel 14%.
L’incidenza delle complicanze neurologiche ha registrato una prevalenza dell’8% nella prima ondata, del 5% nella seconda e del 3% nella terza.
Nella maggior parte dei casi il recupero è stato soddisfacente, anche se talvolta i sintomi si sono prolungati per oltre sei mesi dopo l’infezione.
Tra le complicazioni neurologiche a distanza, che rientrano nel cosiddetto long Covid, prevalgono i disturbi cognitivi, caratterizzati soprattutto da difficoltà di attenzione e di memoria.
Paola Arosio