Clostridium butyricum utile nel migliorare risposta a nivolumab e ipilimumab

Con il crescere delle evidenze scientifiche circa l’impatto positivo che un microbiota sano può avere sul successo di un percorso terapeutico, sono sempre di più gli studi pubblicati su questo tema che indagano la relazione tra microbiota e varie patologie, dalle infezioni delle basse vie respiratorie all’asma, dalle patologie del tratto gastrointestinale all’acne, dalle alterazioni dell’umore all’oncologia. Parallelamente, si testa l’efficacia dell’integrazione alimentare con particolari probioti.

Di recente, per esempio, un team statunitense ha individuato un particolare batterio in grado di migliorare l’efficacia di due farmaci antitumorali usati in associazione, nivolumab e ipilimumab, in pazienti con tumore metastatico ai reni.
Il batterio è il Clostridium butyricum, un battere anaerobio in grado di produrre acido butirrico. Nel dettaglio, gli autori hanno utilizzato il probiotico CBM588, contenente il C. butyricum.

29 i pazienti coinvolti in questo studio randomizzato open label: 19 hanno assunto la terapia antitumorale e il probiotico, mentre i restanti 10 solo la terapia antitumorale. I pazienti erano affetti da carcinoma metastatico renale a cellule chiare localizzato per lo più a livello di polmoni, linfonodi e ossa. 12 le settimane di trattamento.

Gli autori avevano due obiettivi principali: valutare se l’assunzione di CBM588 facesse aumentare l’abbondanza intestinale di Bifidobacterium spp o l’indice di Shannon, relativo alla diversità della popolazione del microbiota, e scoprire se l’assunzione del probiotico incida in qualche modo sul tasso di risposta alla terapia oncologica e sulla sopravvivenza libera da progressione della patologia e sulla tossicità data dai farmaci.

Gli autori non sono riusciti a dare risposta al primo quesito, ma hanno scoperto fatti interessanti riguardo al secondo.
L’assunzione del probiotico sembra infatti associarsi a un periodo di sopravvivenza senza progressione di patologia più lungo rispetto alla terapia senza integrazione, pari a 12.7 mesi contro 2.5.

Allo stesso tempo, sembra che l’uso di CBM588 consenta di migliorare la risposta al trattamento: gli autori hanno visto risposte positive nel 58% dei soggetti che hanno assunto anche il probiotico contro il 20% del gruppo di controllo.

Non solo. Il prodotto sembra incidere anche sulle lesioni tumorali, diminuire nel 74% dei soggetti che lo hanno assunto contro il 50% di quelli che non lo hanno fatto.
Infine, gli autori hanno osservato un controllo efficace della patologia tumorale nel 79% dei soggetti trattati anche con CBM588 contro il 40% degli altri.
Questi ultimi risultati non sono significativi, da un punto di vista statistico, ma fanno comunque pensare in un effetto positivo del Clostridium butyricum, anche perché la maggioranza di questi effetti è durato nel tempo.

Nello studio si cercano anche i percorsi molecolari attivati dal probiotico, per capire come possa supportare il trattamento farmacologico. A tal fine si sono raccolti campioni di sangue da analizzare: sono state così individuate alcune citochine prodotte dal sistema immunitario i cui livelli aumentano, nel tempo, solo nei pazienti che hanno assunto l’integratore.

Si tratta di IL-1β, G-CSF, IL-10, IL-12, IL-1RA, IL-2R, IL-8, IL-2, GM-CSF, MIP-β, MCP-1, IP-10 e TNF-α.
Data la piccola dimensione del campione, ognuna di queste scoperte deve essere confermata in studi più ampi. È tuttavia plausibile pensare che il probiotico CBM588 possa essere un valido aiuto nella cura del carcinoma renale metastatico.

(Lo studio: Dizman, N., Meza, L., Bergerot, P. et al. Nivolumab plus ipilimumab with or without live bacterial supplementation in metastatic renal cell carcinoma: a randomized phase 1 trial. Nat Med (2022). https://doi.org/10.1038/s41591-022-01694-6)

Stefania Somaré