Negli ultimi mesi si è valutata l’efficacia di una serie di farmaci già in uso nel ridurre gli esiti nefasti dei casi gravi di Covid-19, arrivando a individuare tre farmaci in particolare: lo steroide desametasone (giugno 2020), il tocilizumab, antinfiammatorio usato nella cura dell’artrite reumatoide (febbraio 2021) e il Ronapreve, combinazione di due anticorpi monoclonali che colpiscono la proteina spike (giugno 2021).
Lo studio britannico RECOVERY (Randomised Evaluation of Covid-19 Therapy) – al quale collaborano 178 ospedali di Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles (capofila è l’Università di Oxford) e migliaia di operatori sanitari, tra medici, infermieri, farmacisti ospedalieri e amministratori – ha individuato un quarto farmaco utile nel ridurre la mortalità: il baricitinib, anche esso utilizzato nel trattamento dell’artrite reumatoide. D’altronde, è noto che il Sars-CoV-2 induce una reazione infiammatoria nel corpo, responsabile di molte delle manifestazioni della malattia.
Lo studio ha coinvolto 8156 pazienti: all’inizio dello studio questi stavano assumendo corticosteroidi (95%), tocilizumab (23%), remdesivir, farmaco antivirale (20%). Inoltre, il 68% riceveva ossigenoterapia e il 27% aveva un altro supporto alla respirazione.
Questi soggetti sono stati divisi in due coorti a seconda del trattamento ricevuto: il primo gruppo, formato da 4008, è stato trattato solo con il percorso standard, mentre il secondo gruppo, di 4148 pazienti, ha ricevuto anche baricitinib, in dose di 4 mg al giorno per 10 giorni. Gli autori hanno osservato una riduzione della mortalità del 13% nel gruppo di studio. Sembra inoltre che i vantaggi dati da baricitinib siano indipendenti dagli altri farmaci e terapie già assunte dai pazienti. Quindi, secondo lo studio questo farmaco riduce il rischio di morte a 28 giorni dei pazienti con Covid-19 grave, ma non solo. Se assunto da pazienti ancora non sottoposti a ventilazione meccanica, perché ancora non così gravi, il farmaco sembra ridurre la progressione della malattia del 16-17%: ciò significa poter evitare che qualche paziente necessiti, infine, di ventilazione meccanica. Questi risultati vanno a confermare quelli di altri studi più piccoli: messi insieme tutti gli studi sull’impatto di baricitinib, e si parla di 12.000 pazienti, si scopre che questo riesce a ridurre la morte nei pazienti ospedalizzati per Covid-19 di circa 1/5.
Vi è inoltre un effetto addizionale a quello dato da altri farmaci, come i già citati desametasone e tocilizumab: ciò, secondo il dottor Martin Landray, Joint Chief Investigator di RECOVERY, indica che si può pensare di utilizzare combinazioni di antinfiammatori per ridurre ulteriormente il rischio di morte in questi pazienti. Un’ipotesi che deve, ovviamente, essere testata e confermata. Inoltre, è importante assicurarsi che questi trattamenti diventino disponibili per tutti i pazienti che ne abbiano bisogno, indipendentemente da dove vivono.
Stefania Somaré