Nelle scorse settimane si è tenuto l’annuale congresso della Società Scientifica Americana di Oncologia Clinica (ASCO).
Come anche lo scorso anno, gli specialisti del Policlinico Agostino Gemelli Irccs di Roma hanno commentato le ultime novità presentate, tanto in ambito chirurgico, quanto farmacologico. Per esempio, è stato presentato un test che aiuti l’oncologo a scegliere la chemioterapia più efficace nel singolo paziente, il test ChemoID®.
Il test è un saggio che viene eseguito direttamente sulle cellule del tumore ovarico presenti nel liquido ascitico e sulle cellule staminali del tumore, responsabili dello sviluppo della resistenza alle terapie.
Il test è stato oggetto di uno studio del Cancer Center dell’Università di Cincinnati, che lo ha usato per valutare la risposta di 13 diversi regimi di chemioterapia in donne con tumore ovarico e con resistenza nei confronti della chemioterapia a base di platino. A questo punto, le pazienti sono state divise in 2 gruppi: uno ha ricevuto trattamento scelto empiricamente dal medico, mentre l’altro il trattamento suggerito dal test.
La dottoressa Camilla Nero, ricercatrice di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore del campus di Roma e responsabile della UOS programmazione ricerca traslazionale dell’ospedale della Santa Sede, spiega: «la risposta oggettiva alla chemioterapia è stata del 55% tra le donne trattate sulla base dei risultati di questo testo, contro appena il 5% di quelle trattate in maniera empirica; la sopravvivenza libera da progressione di malattia è stata di 11 mesi nel gruppo ChemoID, contro appena 3 mesi dell’altro gruppo. Si tratta di risultati molto promettenti».
Chemioterapia più suvemcitug sembrano efficaci contro i tumori ovarici più difficili
Il tumore ovarico è di per sè difficile da trattare, vuoi perché scoperto in ritardo, vuoi perché spesso nasce già come metastasi: per questo il mondo della ricerca sta lavorando anche su combinazioni di trattamenti. Una di queste è al centro di uno studio cinese di fase 3, SCORES: 421 le donne coinvolte. «Questo lavoro», riprende Nero, «ha evidenziato che nei tumori dell’ovaio resistenti alla chemioterapia a base di platino, il Suvemcitug in aggiunta alla chemioterapia ha mostrato un miglioramento promettente nella sopravvivenza libera da progressione di malattia (5,49 mesi contro 2,73 mesi) con un trend positivo rispetto alla sopravvivenza».
Esistono poi forme che rispondono poco a ogni forma di chemioterapia, come il tumore a cellule chiare in fase metastatica. In questo caso è lo studio di fase 2, BrUOG 345 a mostrare l’efficacia di un’altra doppietta di farmaci, questa volta entrambi immunoterapici, ovvero Nivolumab e Ipilimumab. La sinergia risulta più efficace della monoterapia con solo Nivolumab.
«La doppietta ha prodotto una risposta completa nel 16,7% delle pazienti, contro lo 0% della monoterapia», conclude Nero.