L’artrosi erosiva delle mani è una variante abbastanza rara di artrosi, con incidenza tra il 2,8% e il 10,2% dei soggetti con artrosi sistemica. Colpisce in prevalenza le donne in premenopausa e ha un esordio spesso acuto, con dolore, calore, arrossamento e tumefazione a carico delle articolazioni. La disabilità associata a questa forma di artrosi viene spesso descritta come maggiore rispetto a quella determinata da artrite reumatoide e artrite psoriasica.
Dal punto di vista radiografico, l’artrosi erosiva mostra segni peculiari, come erosioni centrali, a livello dell’osso subcondrale, riduzione della rima e collasso centrale della superficie ossea.
Alcuni soggetti presentano, inoltre, un aspetto delle mani ad “ali di gabbiano” o a “denti di sega”, caratteristiche che possono evolvere verso l’anchilosi.
Di questa patologia si è parlato a Philadelphia al congresso dell’American College of Reumathology.
In particolare, la dott.ssa Ruth Wittoek, del Dipartimento di Reumatologia dell’Ospedale della Ghent University, in Belgio, ha presentato i dati preliminari di uno studio sull’efficacia di denosumab per trattare l’artrosi erosiva delle mani.
Denosumabun è un anticorpo monoclonale umano diretto contro il “receptor activator of nuclear factor kappa B” (RANKL), al quale si lega con elevata affinità e specificità, già usato nel trattamento dell’osteoporosi post menopausale e della perdita ossea in pazienti con cancro prostatico.
Lo studio, randomizzato e controllato, ha visto il coinvolgimento di 100 pazienti, 51 trattate con 60 mg di farmaco al giorno per 3 mesi e 49 (gruppo di controllo) trattate con placebo. Le pazienti, tutte lievemente sovrappeso e con score di dolore tra 5 e 10, sono state seguite per un periodo di tempo abbastanza lungo.
Il primo esito studiato è la capacità del farmaco di indurre cambiamenti nella struttura ossea delle donne trattate, riducendo la progressione della patologia e inducendo una riparazione tissutale. L’indice utilizzato a tal fine è il Ghent University Scoring System.
Lo studio ha evidenziato miglioramenti nelle pazienti trattate con denosumab rispetto a quelle che hanno assunto il placebo, con una differenza di 8.9 punti dell’indice a 24 settimane e 14.3 a 48.
Il farmaco è stato inoltre associato a una minore formazione di nuove erosioni a livello articolare, pari a 1,8% rispetto al 7% del placebo.
Nel corso della presentazione al congresso, Wittoek ha sottolineato che «nel gruppo di controllo si vedono segni di cambiamenti negativi che indicano progressioni future».
Nelle 96 settimane successive allo studio, il rimodellamento è proseguito e il dolore e la funzionalità della mano hanno mostrato miglioramenti significativi, se confrontati con la baseline.
Per quanto riguarda il secondo endpoint della ricerca (sicurezza del farmaco), Wittoek sottolinea di non aver notato rischi che non fossero già noti dall’uso del prodotto per l’osteoporosi. Sono stati osservati 98 eventi avversi nel gruppo di studio contro i 125 di quello di controllo. Solo 7 di questi eventi sono stati seri e 3 hanno richiesto l’abbandono dello studio da parte dei pazienti.
Ancora non pubblicato, il lavoro suggerisce che si possa utilizzare denosumab non solo per rallentare la progressione dell’artrosi, ma anche per guarire le erosioni già esistenti e dare sollievo e speranza di poter continuare a utilizzare le mani.
Lo studio mostra un’ulteriore interessante possibilità: utilizzare il RANK ligando come target per lo sviluppo di farmaci specifici per questa patologia.
(Lo studio: Wittoek R. Abstract L05. Presented at: ACR Convergence 2022; Nov. 11-14, 2022; Philadelphia)
Stefania Somaré