Gli anestetici per via inalatoria sono una fonte di gas serra, che nuoce al clima e all’ambiente. Alcuni, in particolare il protossido di azoto, contribuiscono alla riduzione dello strato di ozono.
Lo sottolinea un articolo publicato sul British Medical Journal, a firma di Jodi D. Sherman, professore associato del Dipartimento di Anestesiologia della Yale School of Medicine, nel Connecticut, Stati Uniti, e di Brian B. Chesebro, direttore medico della tutela ambientale del Providence Health and Services, in Oregon, Stati Uniti.
Dalle sale operatorie ai reparti di maternità
Gli idrofluorocarburi volatili (desflurano, sevoflurano, isoflurano) e il protossido di azoto sono usati di routine durante l’assistenza operatoria. Sebbene i dati sulla produzione e il consumo globale di questi gas siano insufficienti, le stime del loro contributo alle emissioni globali di gas serra variano dallo 0,01% allo 0,1%. In particolare, possono rappresentare il 50% delle emissioni perioperatorie e il 5% di quelle ospedaliere.
Nello specifico, il protossido di azoto è anche ampiamente utilizzato per l’analgesia in sale parto, cliniche odontoiatriche, unità pediatriche, reparti di emergenza.
Nel Regno Unito, un piccolo studio ha suggerito che metà dell’uso di questo gas negli ospedali deriva dal solo reparto di maternità e, tra l’altro, il suo impiego durante il travaglio risulta spesso inadeguato, visto che circa il 40-60% delle donne deve poi ricorrere all’analgesia epidurale.
Recenti report indipendenti provenienti da Regno Unito, Australia, Stati Uniti hanno, inoltre, rilevato che ampie frazioni (77-95%) di questo anestetico vengono disperse ancora prima dell’utilizzazione, a causa di perdite nelle tubazioni centrali. Oltre che come anestetico, tale gas viene anche impiegato, in forma compressa, come refrigerante per la criochirurgia nelle ablazioni cardiache ed endoscopiche.
I gas non sono tutti uguali
Proprio il protossido di azoto e il desflurano rappresentano la grande maggioranza delle emissioni derivanti da gas anestetici, producendo emanazioni circa 40 volte superiori rispetto a quelle correlate al sevoflurano o all’isoflurano. In confronto, le emissioni di gas serra di sedativi e anestetici per via endovenosa sono molto inferiori rispetto a quelle degli anestetici inalatori.
«Considerando ciò e in assenza di controindicazioni, dovrebbero essere di volta in volta selezionati i percorsi farmacologici e assistenziali più idonei dal punto di vista ambientale», scrivono Sherman e Chesebro.
Serve una normativa ad hoc
Le nuove tecnologie per la raccolta e la distruzione dei gas anestetici di scarto possono essere promettenti, ma di fatto notevoli quantità di questi prodotti non rientrano nei sistemi di potenziale eliminazione. Per esempio, il dolore del travaglio rende difficile per molte donne espirare correttamente attraverso le maschere facciali utilizzate per l’autosomministrazione del gas.
Inoltre, l’efficacia e l’efficienza del trattamento effettuato sui composti volatili scartati non sono state ancora pienamente dimostrate in studi peer review.
«I sistemi sanitari dovrebbero pertanto misurare le emissioni di tali prodotti, stabilire obiettivi e tempi di riduzione, tenere traccia dei progressi compiuti», concludono gli autori. «Per raggiungere questi traguardi, l’iniziativa di singoli medici o di singole strutture non è sufficiente, ma serve un quadro normativo mirato a decarbonizzare il settore della sanità».
Paola Arosio