AMR, favorire la disponibilità di antibiotici reserve

Dare priorità a interventi e strumenti che incentivano la ricerca e lo sviluppo e che favoriscano l’accesso e la disponibilità degli antibiotici reserve: è il messaggio diffuso dall’incontro “Valore e sostenibilità degli antibiotici quali strumenti indispensabili per il sistema sanitario e la salute delle persone”, realizzato in novembre da The European House – Ambrosetti con il contributo non condizionante di Shionogi.

Esperti e istituzioni si sono confrontati sullo stato dell’arte della disponibilità di antibiotici, in particolare i reserve (antibiotici di ultima istanza e usati solo nei casi più gravi, quando le altre alternative non hanno avuto successo, come nel caso delle infezioni multi-resistenti), e su quali misure e strumenti sia a livello di finanziamento sia di valutazione di prezzo e rimborso possono incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici e contrastare l’antimicrobico-resistenza (AMR).

L’AMR causa ogni anno 4,3 milioni di infezioni e 79.000 morti nei Paesi OCSE portando, nello scenario peggiore, a un costo sanitario annuo per il trattamento delle complicanze date da queste infezioni pari a 28,9 miliardi di dollari e oltre 36,9 miliardi di dollari ogni anno in termini di perdita di produttività fino al 2050.
Il fenomeno AMR è complesso e si correla a diverse cause, come per esempio l’aumentato e inappropriato uso di questi farmaci (non solo sull’uomo ma anche in zootecnia e in agricoltura), l’incremento delle infezioni correlate all’assistenza causate da microrganismi antibiotico-resistenti e una maggiore diffusione dei ceppi resistenti dovuta anche alla globalizzazione.

Secondo l’ultimo Rapporto OCSE sull’AMR, entro il 2035, senza adeguati provvedimenti, nei Paesi in cui si registrano le più alte percentuali di AMR, si potrebbe raggiungere un livello di resistenza fino al 90% per alcune infezioni. Ciò significa che i sistemi sanitari
saranno sempre più vicini all’esaurimento delle opzioni per curare i pazienti affetti da malattie gravi, come polmoniti e infezioni del sangue.

Serve una strategia unitaria e multidimensionale, che include la sensibilizzazione della
popolazione e dei professionisti della salute sulla gestione appropriata delle prescrizioni antibiotiche, ma anche l’introduzione di politiche e incentivi volti a favorire la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici.
Il processo di ricerca e sviluppo di un nuovo antibiotico è complesso e rischioso: secondo
dati OCSE, solo l’1,5% delle molecole in pipeline accede alla pratica clinica e si scende a 1 su 30 per le nuove classi di antibiotici.

Attualmente si dispone quindi di un numero limitato di questi farmaci:
dal 2017, infatti, sono stati approvati solo 12 nuovi antibiotici, 10 dei quali appartengono a classi esistenti che riportano già meccanismi di resistenza antimicrobica, mentre solo uno è efficace contro entrambi i patogeni CR Acinetobacter baumannii e patogeni CR Pseudomonas aeruginosa, patogeni più difficili da trattare e prioritari per l’OMS. Anche per questa ragione, secondo l’OMS, lo sviluppo di nuovi trattamenti antibatterici risulta inadeguato per affrontare la sfida globale dell’AMR.

Gli antibiotici sono di conseguenza un investimento ad altissimo rischio e pongono quindi un problema di sostenibilità dell’investimento da parte dell’azienda. Questa situazione sottolinea l’enorme unmet need clinico e l’urgente necessità di rendere più attrattiva e competitiva la R&S di antibiotici, specialmente per quelli di tipo reserve.

“Nonostante nell’ultimo anno il contrasto all’antimicrobico resistenza sia entrato nell’agenda politica, con la pubblicazione, a febbraio 2023, del secondo Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) 2022-2025 finanziato con 40 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025, e la presentazione di una proposta di legge per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza, spesso causate dai patogeni multiresistenti, in Italia, non sono state fatte azioni politico-istituzionali incisive per rendere disponibili e sostenibili, da un punto di vista economico, antibiotici indirizzati al trattamento delle infezioni resistenti con limitate opzioni di cura, e classificati come reserve dall’OMS – ha affermato Massimo Andreoni, professore ordinario di Malattie Infettive della facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT).