I malati oncologici hanno sì bisogno di cure, ma anche di ascolto, confronto di esperienze, consapevolezza e informazione. È nata per questo la due giorni dedicata ai pazienti con tumore al polmone, Be Mutual Days, che quest’anno, alla terza edizione, a Roma il 15 e il 16 novembre, ha focalizzato l’attenzione sui tumori «non a piccole cellule con mutazioni molecolari in stadio metastatico».
Grazie alle terapie targettizzate nei prossimi anni, la sopravvivenza di pazienti a 5 anni trattati con target therapy potrebbe superare il 60%, triplicandosi rispetto alla situazione attuale, in considerazione della mole di dati e delle conoscenze acquisite sulle alterazioni molecolari nonché allo sviluppo di farmaci innovativi.
In Italia, a differenza di altri Paesi, non esistono significative associazioni di pazienti impegnate nello specifico sulle singole alterazioni molecolari quali EGFR, ALK, ROS, BRAF. Per questo WALCE – Woman Against Lung Cancer in Europe – organizza da tre anni i Be Mutual Days, un incontro dedicato ai pazienti. È infatti ormai evidente la necessità, soprattutto per i malati oncologici, di ascolto, sensibilizzazione, informazione, consapevolezza e condivisione di esperienze.
La terza edizione di Be Mutual Days è stata interamente dedicata ai pazienti affetti da tumore ai polmoni «non a piccole cellule con mutazioni genetiche e in stadio metastatico».
La prima giornata ha affrontato lo stato dell’arte e le novità terapeutiche per i pazienti in stadio 4 oncogene addicted (che presentano mutazioni del DNA responsabili dell’insorgenza della malattia), oltre alle testimonianze dei pazienti. La seconda giornata è stata dedicata invece a veri e propri workshop in cui pazienti e caregiver si confronteranno su studi clinici, terapie di supporto e nuovi bisogni.
Tumore al polmone e nuove opportunità terapeutiche
Il tumore al polmone rappresenta, tra le neoplasie, ancora oggi uno dei big killer: si tratta del secondo tumore per incidenza tra gli uomini e il terzo tra le donne, causa ancora di numerosi decessi. Inoltre, 7 diagnosi su 10 vengono effettuate in uno stadio di malattia avanzato, che si traduce in più complesse e gravose chance di trattamento. La sopravvivenza a 5 anni è ancora decisamente ridotta: 14% per gli uomini e 19% per le donne.
La medicina di precisione apre tuttavia la strada a nuovi, rivoluzionari scenari. Il tumore al polmone è considerato il modello della medicina di precisione in oncologia perché è il tumore solido in cui esistono più marcatori per poter utilizzare delle terapie a bersaglio molecolare.
«A oggi», ha evidenziato la prof.ssa Silvia Novello, Presidente di WALCE, Ordinario di Oncologia Medica dell’Università degli Studi di Torino e responsabile Struttura Semplice Dipartimentale di Oncologia Polmonare presso l’AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, «solo il 20-25% dei pazienti con tumore ai polmoni “non a piccole cellule” viene trattato con farmaci biologici. La ricerca sta lavorando per estendere questa percentuale e raggiungere, entro i prossimi 5 anni, una platea pari al 70% dei pazienti. Su questo obiettivo interferiscono tuttavia le scelte dell’Agenzia italiana del Farmaco – AIFA, l’accesso agli studi clinici e l’ottenimento di risultati definitivi sui biomarcatori di cui ad oggi si hanno soltanto risultati preliminari. Le percentuali di sopravvivenza di questi pazienti se trattati adeguatamente potrebbero tuttavia quasi triplicarsi”.
Il valore della condivisione dell’informazione per i pazienti
Una esperienza diretta è stata raccontata nel corso della conferenza stampa da Roberta Costa, paziente EGFR e membro di WALCE.
«La condivisione con altre persone che vivono la tua stessa esperienza di malattia, il contatto diretto con il medico curante, e l’informazione sono i punti chiave del percorso di cura quando si ha una malattia polmonare. Conoscere WALCE, tre anni fa, ha significato per me un cambio di rotta e un cambio di prospettiva rispetto alla malattia. Ho incontrato altri pazienti alla prima edizione dei Be Mutual Days e ho scoperto che erano persone normali, come me. Questa esperienza rappresenta un’opportunità per noi pazienti, per uno scambio di idee, per un confronto e per supportarci a vicenda».
L’importanza del Next Generation Sequencing
Un problema rilevante, ha evidenziato ancora la Professoressa Novello, è la scarsità di tessuto disponibile sul quale fare una diagnosi che, con l’esecuzione di ogni singolo test, arriva presto ad esaurimento.
«Il Next Generation Sequencing è un nuovo modello di sequenziamento che valuta, al contempo, centinaia di geni “a ventaglio”’. Tuttavia, l’NGS, è a oggi utilizzato nella diagnostica dal 30% dei centri oncologici italiani. Questo implica che negli anni a venire sarà necessario dare un’accelerazione agli altri centri o pensare a una centralizzazione delle diagnosi per consentire un equo accesso ai test molecolari da parte di tutti i pazienti. Del resto, la medicina di precisione funziona se si hanno nell’ordine: il biomarcatore, il test utile a identificarlo, il farmaco idoneo».
D’altronde, in presenza di oncogene addiction, la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti potrebbe passare dall’attuale 14-19%, a seconda del genere, a quasi il 60% per pazienti con malattia in stadio avanzato.
Accesso ai nuovi test diagnostici e progetto EPROPA
È cruciale riuscire ad assicurare, a livello italiano ed europeo (soprattutto Est Europa), le medesime chance di accesso ai test, alla diagnostica ed alle cure a tutti i pazienti, indipendentemente dal luogo di origine.
Proprio per questo è nato il progetto europeo EPROPA – European Program for ROutine testing of Patients with Advanced lung cancer – promosso da WALCE che mira ad offrire ai pazienti affetti da tumore del polmone l’accesso gratuito ai test molecolari, e, se possibile, a trattamenti personalizzati, anche all’interno di studi clinici. Il testing viene fatto senza spostare il paziente; inoltre, una volta identificata l’alterazione, se non ci sono farmaci o centri di cura, Epropa offre supporto logistico perché pazienti e caregiver possano accedere ad un trial clinico.
La partecipazione ai trial clinici
Nonostante l’efficienza complessiva del nostro sistema sanitario nazionale, si riscontra una bassa partecipazione dei pazienti italiani all’interno di trial clinici randomizzati.
«Questo avviene», ha proseguito la prof.ssa Novello, «per via di problemi tecnico-organizzativi o per carenza di tempo. Fatto è che il paziente partecipa poco alle sperimentazioni cliniche, perdendo una possibile opportunità di cura, costretto ad attendere mesi perché arrivi l’autorizzazione italiana all’indicazione del nuovo farmaco».
Un’indagine recente condotta a livello europeo, ha ricordato, ha rivelato che 1/3 dei pazienti non ha mai sentito parlare di studi clinici durante l’intero iter della malattia.
«È importante comunicare correttamente al paziente che partecipare a un trial clinico non corrisponde a “fare la cavia”, come spesso si ritiene erroneamente. Inoltre, è giusto che il paziente venga informato dell’esistenza di un trial clinico che può rappresentare una ulteriore opportunità di cura».
A tale proposito l’AIOM – Associazione italiana di Oncologia Medica offre sul proprio sito una sezione dedicata che consente, inserendo la specifica patologia, di identificare tutti i trial clinici attivi a livello nazionale.
Le terapie di supporto
Infine, la Professoressa Novello ha voluto spendere alcune parole sulle terapie di supporto e la palliazione che sovente, erroneamente, vengono collegate al fine vita.
«Curare gli effetti collaterali aumenta moltissimo la compliance al trattamento. La terapia di supporto inizia con la diagnosi di tumore e deve essere supportata da un team multidisciplinare per assicurare al paziente una buona qualità della vita nonostante l’elevata efficacia e tollerabilità dei nuovi trattamenti».
Elena D’Alessandri