Alla luce dei dati dello studio in real life At-Target.it, coordinato dal prof. Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli, nonché presidente della Società Italiana di Cardiologia e pubblicato su Atherosclerosis, gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 permettono una riduzione del 65% del colesterolo LDL.
Dallo studio, inoltre emerge una compliance ideale al trattamento, tanto che si può parlare di aderenza al 95%. Nella pratica clinica, dunque, le terapie con gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9, risultano efficaci ma anche ben tollerate, visto che solo il 3% dei pazienti abbandona la terapia a 18 mesi.
La prima causa di morte a livello globale e rappresentata dalle malattie cardiovascolari e, come da linee guida, il colesterolo LDL, conosciuto tra i fattori di rischio che si possono modificare, deve essere controllato e riportato nei limiti.
Di recente, la società europea di cardiologia, in collaborazione con quella dell’aterosclerosi, ha diffuso linee guida di trattamento delle dislipidemie ancora più restrittive delle precedenti, tanto che, se negli individui a elevato rischio, non viene definito un limite inferiore, per i soggetti a basso rischio, il livello risulta al di sotto dei 116 mg/dl.
Per lo studio italiano multicentrico, osservazionale, retrospettivo, di fase IV sono stati reclutati 798 pazienti, in dieci centri italiani, in terapia con anticorpi monoclonali anti-PCSK9, dei quali il 68% già aveva una patologia cardiovascolare aterosclerotica e il 32% era in prevenzione primaria.
Il prof. Perrone Filardi, autore dello studio ha spiegato che “I pazienti che hanno partecipato allo studio avevano valoro di colesterolo superiori ai 140 mg/dl e, grazie agli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 si è ottenuta una riduzione osservata quasi del 65%.
Attraverso l’utilizzo di questi farmaci, il colesterolo dei pazienti a rischio è rientrato nei range, fino a raggiungere il valore di 51,5 mg/dl, con una compliance al trattamento che va oltre il 95%. Infatti, 760 pazienti su 798 sono risultati aderenti alla terapia.
Il prof. Perrone Filardi conclude sottolineando l’importanza dell’utilizzo di questa terapia durante il ricovero in ospedale: «in Italia, grazie a queste terapie disponibili in ospedale in caso di infarto, si ha l’opportunità di intervenire in maniera precoce sul rischio residuo, limitando in questo modo un nuovo evento avverso».