Presente soprattutto nei Paesi affacciati sul mar Mediterraneo, la talassemia è una malattia ereditaria caratterizzata da un difetto di produzione delle catene proteiche che formano l’emoglobina.
Si stima che in Italia le persone che ne soffrono siano circa settemila, concentrate soprattutto in Sicilia e Sardegna.
Il trattamento della patologia prevede oggi trasfusioni ogni due-tre settimane e assunzione quotidiana di terapia ferrochelante, per evitare i danni da accumulo di ferro in importanti organi, come cuore, fegato, pancreas.
I dati di partenza
Un percorso difficile per i pazienti, come confermano i dati di un’analisi nazionale presentata durante il convegno dell’International Society of Pharmacoeconomics an Outcomes Research-Europe, che si è tenuto nel novembre 2020.
Secondo la ricerca, l’assistito deve, infatti, recarsi in ospedale in media 39,5 volte all’anno. Per ogni trasfusione, che avviene ogni 18,6 giorni, deve accedere alla struttura fino a tre volte, con una permanenza media complessiva di cinque ore. Inoltre, quasi la metà dei pazienti (46%) è accompagnata da un caregiver, perlopiù in età lavorativa (73%).
A ciò si aggiunge il tema dei costi. Per quanto riguarda i costi diretti, l’esborso medio per paziente è stato stimato in 39.383 euro all’anno, di cui il 12% per la raccolta del sangue, il 43% per la trasfusione, il 45% per la chelazione del ferro.
In particolare, nella fase trasfusionale, il costo più elevato è stato determinato dalla conta degli eritrociti, pari a 571 euro per trasfusione, corrispondenti a 11.258 euro per paziente all’anno, seguito da quello del trasporto dell’assistito, pari a 76 euro per trasfusione, corrispondenti a 1.504 euro annui per paziente.
Per quanto riguarda poi i costi indiretti, la fase di raccolta del sangue ha richiesto 1.297 euro e la fase di trasfusione 2.453 euro annui per assistito.
Un modello ottimale di gestione
Da qui la necessità di migliorare anzitutto l’organizzazione. Su questo fronte, Iqvia Italia ha proposto, in seguito a un’analisi, un modello gestionale di riferimento per la talassemia caratterizzato da otto pilastri: proporre screening per identificare le coppie a rischio, effettuare la diagnostica genetica, fornire supporto digitale a clinici e pazienti, istituire un team multidisciplinare, sviluppare il case management, creare una rete regionale del sangue, nominare un referente presso il centro trasfusionale, organizzare un trasporto dedicato.
Questo modello viene applicato con successo nell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara, centro hub della rete delle talassemie dell’Emilia-Romagna, sebbene restino ancora da implementare il case management e il supporto digitale.
Il ruolo delle nuove terapie
Un contributo alla semplificazione dei percorsi del paziente e alla riduzione del carico assistenziale viene fornito anche dalle nuove terapie, come luspatercept, un farmaco per la modulazione della eritropoiesi.
I dati dello studio di fase 3 Believe, un trial multicentrico internazionale, presentati al congresso della European Hematology Association, che si è tenuto a Vienna nel giugno 2022, dimostrano che il trattamento per tre anni con il medicinale riduce il fabbisogno trasfusionale del 50% in circa la metà dei pazienti e permette al 12% di loro di raggiungere l’indipendenza dalle trasfusioni per oltre due mesi.
Nel frattempo, sempre più numerosi sono anche gli studi sperimentali di terapia genica, che fanno sperare in nuovi orizzonti di cura.
Paola Arosio