Simit e Aisf fanno il punto su prevenzione, screening e trattamenti contro le epatiti virali

Le società scientifiche Aisf – Associazione Italiana per lo Studio del Fegato e Simit – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali hanno patrocinato l’incontro istituzionale “Epatiti virali, una priorità da non trascurare” tenutosi lo scorso 8 luglio presso il ministero della Salute.

L’incontro, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences, ha anticipato la Giornata Mondiale delle Epatiti promossa dall’Oms, celebrata ogni 28 luglio dal 2010, anno in cui è stata formalizzata la ricorrenza.

Un confronto sulle politiche sanitarie in tema di epatiti tra politici e clinici

Oggi le priorità nel nostro Paese riguardano un’accelerazione nei programmi di screening per l’epatite C, l’ampliamento della prevenzione nei confronti dell’epatite B, l’approvazione della nuova terapia per l’epatite delta.
Su tutti questi argomenti si sono concentrati i partecipanti all’incontro romano. Queste epatiti, infatti, costituiscono una minaccia per la salute pubblica: tendono a rimanere a lungo latenti e possono provocare complicanze come cirrosi ed epatocarcinoma quando cronicizzano.

Dopo l’introduzione di Claudio Mastroianni, presidente Simit, sono intervenuti Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, Giovanni Rezza, direttore generale Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, Anna Rita Ciccaglione, primo ricercatore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il dibattito, moderato dal giornalista scientifico Daniel Della Seta, è stato arricchito da numerosi interventi di esperti e studiosi sia italiani sia internazionali.

Alla tavola rotonda “Piani di prevenzione: la nuova sanità territoriale e il ruolo delle Istituzioni e Regioni nell’eliminazione dell’HCV” hanno partecipato diversi esponenti politici coinvolti, nelle sedi parlamentari, in ruoli decisionali in temi di sanità di economia sanitaria.
La successiva tavola rotonda ha fatto emergere il ruolo e i pareri delle società scientifiche e delle associazioni pazienti.

L’approfondimento dal titolo esplicativo “Virus epatitici: un’emergenza ancora presente. Attualità tra approcci presenti e futuri. Il punto di vista delle società scientifiche e delle associazioni pazienti” ha visto la partecipazione di Alessio Aghemo, segretario Aisf, Sergio Babudieri, direttore scientifico Simspe, Ivan Gardini, presidente EpaC onlus, Ignazio Grattagliano, responsabile Epatite Simg, Miriam Lichtner, docente dell’Università La Sapienza di Roma, Francesco Saverio Mennini, presidente Sihta, Felice Nava di Federserd. Le conclusioni sono state di Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit.

«Il tema delle epatiti è all’attenzione del Ministero della Salute e del Governo», ha sottolineato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. «L’obiettivo posto dall’Oms di eliminare l’epatite C entro il 2030 è ambizioso, ma realizzabile nel nostro Paese con l’impegno condiviso di tutte le parti interessate, dal governo centrale alle Regioni, a cui sono stati già erogati 71,5 milioni di euro previsti dalla legge di bilancio del 2019 per questo scopo».

Sileri ha aggiunto che è stato istituito un Gruppo Tecnico di Coordinamento, Monitoraggio e Valutazione dello screening nazionale gratuito per HCV con lo scopo principale di coordinare le attività avviate a livello regionale, fornendo indicazioni operative, garantendo la comunicazione tra i vari referenti, producendo materiale di comunicazione da mettere a disposizione degli enti interessati. Il gruppo tecnico avrà anche il compito di monitoraggio e di valutazione dei risultati raggiunti attraverso la definizione e il calcolo di opportuni indicatori.

Le sfide per le epatiti C, B, delta

«Le diverse epatiti richiedono azioni ad hoc», ha sottolineato Alessio Aghemo. «Le esigenze comuni a tutte, soprattutto le più gravi (HBV, HCV, HDV) sono prevenzione, identificazione, trattamento. La prevenzione riguarda un intervento complessivo su tutti i fattori che hanno un effetto negativo sulla salute del fegato: consumo di alcolici, obesità, controlli regolari.

L’identificazione dei malati richiede delle capillari campagne di screening, soprattutto per l’epatite C, per la quale vi è lo stanziamento di 71,5 milioni per lo screening gratuito per fasce di età e in popolazioni chiave, ma l’implementazione delle azioni da mettere in atto non sono attivate in tutte le Regioni.

Per l’epatite B l’Italia è un esempio, vista la vaccinazione obbligatoria alla nascita introdotta nel 1991, grazie alla quale il virus è quasi assente nella popolazione under 40, sebbene si riscontri ancora in altre fasce anagrafiche e in soggetti non nati in Italia.

Sul trattamento ci sono due discorsi distinti: per l’HCV esistono terapie risolutive, ma il problema è nell’identificazione del sommerso; per l’epatite delta il nuovo farmaco bulevirtide, unico per meccanismo d’azione e somministrazione, permette di trattare anche senza interferone pazienti che prima non potevano ricevere alcuna terapia, ma deve essere approvato in tempi rapidi affinché possa essere utilizzato».

Dati Aifa: calo dei trattamenti per l’epatite C

«L’Italia è ancora in linea con l’obiettivo dell’OMS di eliminare l’epatite C entro il 2030, ma occorre uno sforzo in più», ribadisce Claudio Mastroianni. Alla luce dei dati forniti da Aifa i pazienti avviati al trattamento per l’epatite C erano 232.004 al 3 gennaio, mentre al 4 luglio sono 239.161. Una differenza di poco più di 7.000 unità, che lascia prevedere un totale di circa 14-15 mila trattamenti in un anno, molti di meno rispetto al triennio precedente alla pandemia.

«È fondamentale lo screening, anche perché la terapia, oltre a curare il paziente, diventa anche un importante mezzo di prevenzione per bloccare la trasmissione del virus. In questa fase bisogna muoversi in molteplici direzioni: anzitutto, si devono implementare a livello regionale tutte le politiche di screening su popolazioni target come detenuti presso gli istituti penitenziari e persone seguite dai servizi pubblici per le dipendenze (SerD), specifica, e far emergere il sommerso nelle fasce d’età previste nel decreto ministeriale.

A queste politiche, solo in parte attuate, si dovrebbe aggiungere uno screening opportunistico, per cui si effettua un test ogniqualvolta una persona abbia la possibilità di farlo; ancora oggi vengono scoperti soggetti in fase avanzata di malattie epatica. E termina: è necessario prorogare la scadenza dei fondi stanziati per lo screening, che scadono il 31 dicembre 2022».

La nuova epidemiologia dell’epatite delta

Il virus dell’epatite delta, scoperto nel 1977 dal professor Mario Rizzetto, causa la forma più severa di tutti i virus epatitici. Questa epatite si manifesta solo nelle persone affette da epatite B e non ci sono dati accurati sulla prevalenza sia nel mondo sia in Italia, anche per la mancanza di una terapia efficace.

«Grazie alla vaccinazione contro l’epatite B, le persone fino a 40 anni sono immuni all’infezione sia da epatite B che da epatite delta», spiega la professoressa Loreta Kondili.
Ciò che ha modificato la situazione epidemiologica in Italia sono stati i flussi migratori da zone a elevata prevalenza di HBV come Asia, Africa ed Est Europa.

«La Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti Virali (PITER HBV/HDV)», sottolinea Kondili, «ha riscontrato uno scenario epidemiologico clinico attualizzato in cui i pazienti nati in Italia sono più anziani, hanno una malattia del fegato avanzata, da dover ricorrere spesso a trapianto di fegato, e molte altre comorbidità; le persone migrate in Italia, invece, sono spesso giovani, con una malattia di fegato in rapida progressione e con un elevato rischio di gravi conseguenze sin dalla giovane età.

I nuovi antivirali contro l’infezione da virus dell’epatite delta permettono nuove prospettive ottimistiche di cura. Pertanto, serve una diagnosi precoce a cui far seguire un’appropriata terapia antivirale per diminuire l’elevato impatto clinico ed economico sul SSN della malattia da virus dell’epatite B e delta».

Epatiti A, E e pediatriche

A completare il quadro delle epatiti, vi sono la A e la E, forme autolimitanti, trasmissibili per via oro-fecale. Non provocano problemi particolari, tranne rari casi. Per l’epatite A sono disponibili due vaccini, raccomandati soprattutto per i soggetti a rischio: chi viaggia in Paesi dove l’infezione è endemica, chi lavora in ambienti a contatto con il virus, tossicodipendenti, contatti familiari di chi ha l’epatite A.

L’epatite E può destare apprensione in gravidanza o nei soggetti immunocompromessi, principio che vale per ogni patologia. Dopo un picco di casi nel 2019, in Italia vi è stata una costante riduzione.

Negli ultimi mesi il discorso delle epatiti si è allargato all’epatite acuta severa di origine sconosciuta nei bambini, posta sotto osservazione dell’OMS: dopo i cluster in Alabama e Scozia, non sono stati ravvisati aspetti preoccupanti, e anche in Italia non è segnalato un aumento dei casi rispetto alle previsioni.

Chiara Cominoli