Nel mondo i malati di Parkinson supereranno i venti milioni entro il 2050. Una preoccupante previsione, di fronte alla quale risulta sempre più importante poter effettuare una diagnosi precoce della patologia, prima dell’insorgenza dei sintomi motori. E proprio in questa direzione stanno lavorando i ricercatori dell’Università di Manchester, in Inghilterra, che hanno condotto uno studio su 150 persone, di cui 79 con la malattia e 71 sane, pubblicato sul Journal of the American Chemical Society e finanziato dall’associazione Parkinson’s Uk, da Michael J. Fox Foundation e da Royal Society.
L’analisi del sebo
La ricerca trae origine dalla constatazione che l’aumento della produzione cutanea di sebo, una miscela di trigliceridi, colesterolo, acidi grassi liberi, esteri cerosi, squalene, è un segno distintivo della patologia.
A partire da questa osservazione, i ricercatori hanno raccolto, tramite un tampone di cotone, il sebo nella parte superiore della schiena dei partecipanti allo studio. Dopo avere posto i campioni in buste sigillate, li hanno inviati in laboratorio, dove sono stati conservati a -80°C fino all’analisi.
Quest’ultima è stata eseguita grazie a una nuova tecnica, che prevede vari step: trasferimento del sebo dal tampone alla carta da filtro, taglio della carta a triangolo, aggiunta di solvente, applicazione di una fonte di tensione (2,5-3 chilovolt) in grado di trasferire i composti dal sebo allo spettrometro di massa.
È stato così possibile identificare più di 4 mila sostanze uniche, di cui 500 differenziano le persone con malattia di Parkinson da quelle del gruppo di controllo. Un metodo semplice e rapido, che può essere svolto in circa tre minuti e che assicurerebbe un’accuratezza del 95%.
Test anche per altre malattie
«Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti, che costituiscono un importante passo avanti nella realizzazione di un test diagnostico per il morbo di Parkinson, che potrebbe in futuro essere utilizzato in ambito clinico», ha dichiarato Perdita Barran, docente all’Università di Manchester, mentre James Jopling, direttore di Parkinson’s Uk, ha aggiunto: «Spesso le persone devono aspettare mesi o anni per ricevere una diagnosi, quindi un test di questo tipo potrebbe fare una grande differenza per chi ha la malattia, consentendogli di ricevere un trattamento il più tempestivamente possibile».
Questa ricerca apre anche le porte alla possibile diagnosi di altre malattie attraverso l’analisi del sebo. Su ciò stanno lavorando Barran e il suo team, che di recente hanno avviato la società Sebomix, spin-off dell’ateneo inglese.
Paola Arosio