Varie le soluzioni all’attenzione degli studi clinici, tra cui l’uso di statine e terapie geniche.

Inizia a mostrarsi tra i 20 e i 45 anni, per lo più con aritmie ventricolari e sintomi di scompenso cardiaco, come palpitazioni, fatica e sincope, anche se in alcune situazioni si manifesta con un vero arresto cardiocircolatorio: si tratta della cardiomiopatia aritmogenica, difetto di carattere genetico che porta alla sostituzione del tessuto cardiaco con tessuto cicatriziale a livello del ventricolo destro, sinistro o di entrambi.

La cardiomiopatia aritmogenica è rara: la sua prevalenza è di circa 1 soggetto ogni 2-5 mila, sebbene in alcune aree del mondo, tra cui l’Italia, sia più diffusa. Il tessuto cicatriziale rende difficile il normale funzionamento del cuore. Gli atleti sono i pazienti a maggior rischio, perché l’intensità dell’attività sportiva che svolgono mette a dura prova il cuore. Non a caso, questa patologia è tra le cause principali di morte improvvisa nell’atleta.

Come molte malattie rare, non esiste una cura specifica, ma si utilizzano farmaci beta-bloccanti e antiaritmici. In alcuni pazienti può poi essere indicato impiantare un defibrillatore o, addirittura, programmare un trapianto di cuore. La situazione è però a un punto di svolta, grazie all’introduzione di nuovi farmaci sperimentali. 

Nuove opportunità terapeutiche

Alessandra Rampazzo, professore ordinario di Biologia applicata al Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, spiega: «le nuove possibilità terapeutiche che si stanno sviluppando nei laboratori di ricerca ci offrono l’opportunità di diffondere un messaggio positivo di speranza, che desideriamo condividere con i pazienti. Il nostro gruppo di ricerca ha valutato l’efficacia in vitro di un farmaco nel bloccare i meccanismi molecolari della malattia. Grazie all’importante finanziamento europeo IMPACT, non solo questa sperimentazione continuerà in modelli in vivo ma verranno testate anche altre soluzioni terapeutiche».

Quella sviluppata a Padova non è la sola molecola che sta entrando in fase di sperimentazione clinica.

Elena Sommariva, responsabile dell’Unità di Biologia Vascolare e Medicina Rigenerativa del Monzino, aggiunge: «oggi finalmente possiamo parlare anche di cure specifiche, anche se disponibili per ora solo attraverso trial clinici. Le sperimentazioni in fase di avviamento sono di due tipi: approcci rivoluzionari di terapia genica oppure drug repurposing, vale a dire la sperimentazione di farmaci tradizionali per una patologia diversa da quella per cui sono stati approvati.

Al Monzino, per esempio, stiamo per lanciare uno studio sull’efficacia delle statine contro l’ACM. Ci teniamo che i pazienti che accedono alle nuove scoperte della ricerca lo facciano in modo consapevole, conoscendo i motivi che hanno spinto noi ricercatori a testare certe terapie e i risultati sperimentali che ne hanno comprovato l’efficacia preclinica».

I giovani pazienti, ben informati, potranno così testare cure che potrebbero migliorarne la qualità di vita e/o rallentare la progressione di malattia, contribuendo allo stesso tempo al progresso della ricerca.