Il dialogo con le grandi autorità regolatorie statunitensi ed europee va sviluppato già in fase di sperimentazione clinica, senza aspettare i risultati finali, per accelerare i tempi di sviluppo di terapie innovative come quelle basate sulle neurotrofine, la famiglia di fattori di crescita nervosa individuata da Rita Levi Montalcini.
È l’indicazione emersa dalla Nature Conference “From the eye to the brain”, incontro organizzato da Nature Italy, Nature Neuroscience e Nature Eye, grazie alla sponsorship di Dompé farmaceutici e che ha discusso proprio delle possibili applicazioni terapeutiche delle neurotrofine.

“Il dialogo con gli enti regolatori”, ha sottolineato Steven K. Galson, MD, MPH, senior advisor di Boston Consoltuing Group e già surgeon general delle amministrazioni Bush e Obama dal 2007 al 2009 e direttore del centro per la valutazione dei farmaci della FDA, “è importante per condividere le sfide che si affrontano in laboratorio e ottenere input e idee su come migliorare le sperimentazioni.
Quando si cerca di trasformare una scoperta in un farmaco bisogna chiedersi qual è il giusto percorso regolatorio perché in molti casi gli accademici e anche le aziende hanno competenze scientifiche molto specifiche, ma quando si recano dalle autorità di regolamentazione scoprono di aver pianificato lo studio sbagliato o di aver scelto la popolazione di pazienti sbagliata e per questo le agenzie non lo trovano convincente”.

Visto che non esiste nessun manuale su come si crea un farmaco di successo secondo Galson “la cosa davvero importante è cercare di ottenere un input normativo molto precoce”.

Questo approccio è particolarmente importante per le nuove, potenziali, applicazioni terapeutiche delle neurotrofine come il Nerve Growth Factor (NGF) scoperto da Rita Levi Montalcini e il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF) e altre molecole, che come hanno mostrato gli interventi della conferenza riguardano anomalie corneali neurosensoriali, malattie retiniche, neuropatie ottiche, lesioni cerebrali traumatiche, rigenerazione assonale, demenza, Alzheimer e Parkinson.

“L’NGF e le altre neurotrofine sono tra le molecole di segnalazione più importanti del cervello perché organizzano il modo in cui i neuroni si sviluppano, connettono e organizzano il funzionamento del cervello – ha sottolineato Thomas Sudhof, premio Nobel per la Fisiologia o Medicina nel 2013. “La ricerca offre opportunità enormi e che si realizzeranno una volta che avremo una migliore comprensione del ruolo delle neurotrofine”.

L’ultimo decennio ha registrato passi avanti fondamentali con la prima applicazione terapeutica di una neurotrofina. Il primo trattamento con NGF è infatti stato approvato nel 2018 dalla FDA statunitense per il trattamento di una rara malattia della cornea.

Come spiegato dal prof. Jeffrey Louis Goldberg della Stanford University, sono in corso sperimentazioni effettive per verificare se l’NGF è utile a proteggere o addirittura ripristinare la vista di alcuni pazienti in patologie con vasto impatto sanitario.
“Per esempio, abbiamo testato NGF su un campione di pazienti affetti da glaucoma e abbiamo riscontrato che è sicuro e molto ben tollerato”.

Gli studi sulla molecola scoperta 70 anni fa, guardano già oltre l’occhio e considerano l’utilizzo dell’NGF nel cervello con possibili applicazioni nella depressione, nelle malattie di Alzheimer e Parkinson o nel ruolo della corteccia sul controllo del peso oltre che sulle applicazioni cliniche nella terapia di alcuni traumi cerebrali nei bambini. 

Ciò che oggi sappiamo su questo gruppo di molecole è la punta dell’iceberg e per capirne al meglio il funzionamento è necessario studiare anche tutto quello che ruota attorno, come ha ricordato Elliot Mufson, professore di Neurobiologia e direttore del laboratorio di ricerca sulla malattia di Alzheimer presso il Barrow Neurological Institute.
“Abbiamo passato decenni a fare questo minuzioso lavoro e ora iniziamo ad avere un quadro molto più chiaro al punto di pensare di arrivare a terapie concrete in vari settori”.

Nel suo intervento Mufson ha discusso il ruolo che il fattore di crescita nervoso (NGF) ricopre nel mantenimento delle cellule colinergiche situate in profondità nel cervello. Si tratta di cellule che producono un neurotrasmettitore chiave per le capacità cognitive, la cui degenerazione contribuisce all’insorgenza della demenza nelle persone con malattia di Alzheimer, Parkinson e Sindrome di Down.
“In questo senso la ricerca su l’NGF potrebbe sviluppare strategie per raggiungere la popolazione di neuroni colinergici influenzandone positivamente la sopravvivenza e il mantenimento. La strada della ricerca è complessa, ma sono molto ottimista ascoltando quello che ho sentito negli ultimi due giorni perché il bisogno medico è enorme e non devo elencare le condizioni neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson di cui abbiamo parlato, riguardano centinaia di milioni di persone in tutto il mondo.