Malattie reumatiche e muscoloscheletriche, attenzione alle dosi di cortisonici

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I glucocorticoidi sono farmaci usati per trattare situazioni infiammatorie di natura traumatica o patologica come strappi muscolari, problemi articolari, artrite reumatoide e sclerosi multipla.
Molto efficaci nel disinnescare le reazioni infiammatorie del corpo, agiscono anche come inibitori del sistema immunitario.

Hanno, però, una serie di effetti collaterali importanti, soprattutto se assunti per via sistemica e per un periodo prolungato: riducono la funzionalità del sistema immunitario esponendo il paziente a patologie infettive opportunistiche, aumentano il rischio di osteoporosi, causano insonnia, favoriscono l’aumento ponderale e molto altro ancora.

Nel corso del congresso dell’American College of Reumatology, svoltosi a Philadelphia, Giovanni Adami dell’Unità di Reumatologia dell’Università di Verona, ha evidenziato la pericolosità dei corticosteroidi usati per il trattamento delle patologie reumatiche.
Il dott. Adami, con alcuni colleghi, ha condotto uno studio di coorte su 884 donne in cura con farmaci cortisonici per patologia muscolare o reumatica, in particolare artrite reumatoide e psoriasica, lupus sistemico eritematoso, sclerosi sistemica, vasculiti, polimialgia reumatica e spondiloartrite.

L’intento dello studio era verificare l’associazione tra uso di corticosteroidi e fragilità ossea e fratture associate. 1.766 i controlli inclusi nello studio.
La coorte è stata suddivisa in tre sottogruppi in base ai dosaggi giornalieri assunti: da 0 mg a 2,5 mg, da 2,5 a 5 mg e più di 5 mg.
Lo studio rivela che a tutti i dosaggi questi farmaci inducono una riduzione nella densità ossea (BMD), a meno di essere affiancati da farmaci che contrastano l’osteoporosi: il BMD cala del 2,66% nei dosaggi più bassi, del 4,23% nei dosaggi medi e del 4,26% in quelli più alti.

Come accennato, questi esiti non ci sono o sono meno accentuati in pazienti trattate, per esempio, con i bifosfonati: quando la dose è bassa o media, questa associazione consente di guadagnare un 3% di densità ossea, proteggendo i pazienti dall’osteoporosi o rallentando il processo.

Quando, però, la dose di corticosteroide è superiore a 5 mg/giorno, il beneficio dell’assunzione dei bifosfonati cala molto: i dati dicono che la perdita ossea passa dal 4% al 3%. Alle dosi più elevate, quindi, gli antinfiammatori cortisonici impattano molto sulle ossa dei pazienti.

Gli autori hanno calcolato il tasso di fratture per ognuno dei 3 sottogruppi dello studio, ottenendo un 2,5% all’anno alle dosi più basse di antinfiammatorio, un 2,8% l’anno alle dosi medie e un 4,8% l’anno alle dosi più elevate.
Ciò significa, come sottolineato dal dott. Adami, che un calo di BMD del 4% comporta un rischio del 30-40% maggiore di incorre in una frattura per fragilità.

Si deduce che occorre trovare qual è la dose di glucocorticoide più adeguata da prescrivere a un paziente reumatico o con patologia autoimmune per ottenere un beneficio clinico senza impattare sulla salute delle ossa.
Mentre si trova una soluzione più efficace, quantomeno occorre seguire con attenzione le pazienti trattate, soprattutto ai dosaggi maggiori, per ridurre il rischio di future fratture da fragilità, anche perché si parla spesso di donne ancora giovani, intorno ai 40-50 anni, che hanno quindi molta vita davanti a sé e impegni lavorativi e famigliari da portare avanti.

(Lo studio: Adami G. Abstract L01. Presented at: ACR Convergence 2022; Nov. 11-14, 2022)

Stefania Somaré