Malattie rare, l’intelligenza artificiale apre nuove frontiere per il trattamento

Quando l’intelligenza artificiale incontra la ricerca medica si aprono nuove frontiere. È ciò che è accaduto nel caso di uno studio pubblicato su Drug Discovery Today e realizzato dal gruppo di lavoro CassMedChem del dipartimento di Biotecnologie molecolari e scienze per la salute dell’Università di Torino, in collaborazione con gli esperti dell’Università di Tokai, in Giappone.

La ricerca si focalizza sulla paralisi spastica ascendente ereditaria a esordio infantile (Infantile-onset ascending hereditary spastic paralysis, Iahsp), una malattia molto rara, caratterizzata da grave spasticità agli arti inferiori in età precoce, progressione agli arti superiori nella tarda infanzia, disartria e causata da mutazioni del gene ALS2 che codifica per l’alsina, una proteina che abbonda nei motoneuroni.

Proprio su quest’ultima si sono concentrati gli sforzi degli studiosi, nel tentativo di andare all’origine della patologia.

Uno studio basato sull’algoritmo AlphaFold

Tutto ciò è stato possibile grazie ad altre importanti ricerche svolte nel mondo negli ultimi anni. Una svolta è avvenuta nel novembre 2020, quando l’azienda DeepMind riuscì a sviluppare AlphaFold, un tool di intelligenza artificiale in grado di predire la struttura tridimensionale di una proteina a partire dalla sua sequenza di aminoacidi.

Nel luglio 2021, come riportato da Nature, il produttore ha reso disponibile l’algoritmo a tutta la comunità scientifica.
A questo punto, per condividere l’enorme mole di dati generata dal sistema, l’Istituto europeo di bioinformatica (European bioinformatics institute, Ebi), che fa capo al Laboratorio europeo di biologia molecolare (European molecular biology laboratory, Embl), in collaborazione con la stessa DeepMind, ha creato l’AlphaFold Protein Structure Database, uno strumento gratuito tramite il quale gli scienziati possono visualizzare e utilizzare le previsioni strutturali delle proteine di loro interesse.

Le varianti mutate dell’alsina

Ebbene, proprio attraverso questo database, i ricercatori torinesi sono riusciti a ispezionare le strutture dell’alsina e delle sue varianti mutate.
In particolare, nel corso dello studio, che è andato in aiuto di Help Olly, un’associazione costituita con l’obiettivo di curare Olivia, una bambina di quattro anni affetta da paralisi spastica, sono stati analizzati sette casi clinici.

«I modelli delle proteine mutate e vari strumenti computazionali hanno permesso di comprendere i meccanismi patogenetici di ogni mutazione», spiega Giulia Caron, professore associato di Chimica Farmaceutica all’Università di Torino e coordinatrice della ricerca.

«Approcciare questi casi solo con metodi tradizionali avrebbe richiesto anni di lavoro e ingenti fondi, mentre tale procedimento ha consentito di analizzare la situazione di ogni paziente in poco tempo, delegando alla dimostrazione sperimentale, sempre necessaria, solamente la conferma finale».

Anche per altre patologie genetiche

E per quanto riguarda Olivia? «Con questa ricerca abbiamo dimostrato che la malattia, nella specifica forma patologica della bambina, è potenzialmente trattabile con farmaci e abbiamo, pertanto, applicato una procedura computazionale di drug discovery, individuando una molecola molto promettente», prosegue Caron. «A questo punto, però, i computer non bastano più e sono, quindi, in corso una serie di validazioni sperimentali».

C’è un’altra buona notizia: la strategia verificata per la paralisi spastica ascendente ereditaria è applicabile anche ad altre malattie genetiche.

Paola Arosio