Fino a oggi non è mai stata trovata una strategia capace di guarire il linfedema, ovvero di ristabilire la contrazione fisiologica dei vasi linfatici necessaria per riassorbire i liquidi extracellulari dai vari distretti corporei e riportarli a livello di circolazione sanguigna.
I pazienti affetti da questa patologia, quindi, seguono percorsi di cura atti a drenare i tessuti non più serviti dai vasi linfatici inattivi: riabilitazione, linfodrennaggio, farmaci appropriati sono i metodi più utilizzati. Grazie a uno studio del Georgia Institute of Technology, però, le cose potrebbero presto cambiare.
Il lavoro propone di utilizzare il farmaco S-(-)-Bay K8644, noto per attivare i canali del calcio e stimolare la contrazione muscolare a livello di tessuto scheletrico, cardiaco ed endocrino.
Date le sue proprietà, questo prodotto non può essere assunto via bocca, né tantomeno iniettato nel sangue, a meno di non voler sottoporre il paziente a convulsioni. E qui intervengono le competenze ingegneristiche del team che ha pensato di utilizzare nanoparticelle per trasportare il farmaco direttamente ai vasi linfatici da riattivare.
Chiamate “nanoparticelle linfodrenanti” (NP), queste strutture trasportano il farmaco al vaso, accumulandolo fino al momento di rilasciarlo.
I ricercatori hanno anzitutto caricato BayK, che è una molecola di piccole dimensioni, nelle NP, per poi osservarne il tempo di rilascio in vitro che varia a seconda della temperatura: ecco quindi che le nanoparticelle liberano il 50% del farmaco in 8 ore a 37°C, o in 15 ore a temperatura ambiente.
Verificato il rilascio graduale, gli autori hanno testato il sistema su vasi linfatici mesenterici di topo, in un esperimento ex-vivo, valutandone la capacità di riattivarne una pulsazione e calcolandone le metriche conseguenti, in termini di frequenza, ampiezza e frazione di eiezione.
Alla dose di 200 nM di BayK-NP, il sistema induce contrazioni meno frequenti ma più forti di quelle ottenute con la stessa dose di BayK isolato. Per sicurezza, il team ha valutato anche gli effetti delle nanoparticelle da sole: nulli.
Ciò dimostra che a riattivare la pulsazione dei vasi è proprio il farmaco rilasciato dai suoi carrier.
Dal momento che precedenti studi suggeriscono che la riduzione di frequenza di pulsazione non vada a inficiare il lavoro dei vasi linfatici, gli autori sono positivi nel pensare che il sistema da loro ideato possa riattivare anche i vasi linfatici umani. Si è quindi passati alle prove in vivo su un modello di topo con linfedema.
Il farmaco BayK-NP è stato somministrato a livello della coda. Gli autori hanno così confermato la sua efficacia nel migliorare la pressione di pompaggio generata dai vasi linfatici, sia quelli sani che quelli rimodellati per somigliare a vasi patologici.
Interessante osservare che la somministrazione del farmaco BayK da solo non ottiene alcun risultato, probabilmente perché questo si disperde e non raggiunge il target.
Le nanoparticelle, oltre a garantire sicurezza al paziente perché “isolano” le molecole attive, finalizzano il loro trasporto.
Sebbene all’inizio, lo studio promette di poter offrire ai pazienti con linfedema una strategia terapeutica più definitiva, rispetto a quelle oggi esistenti.
(Lo studio: Sestito LF, To KHT, Cribb MT, Archer PA, Thomas SN, Dixon JB. Lymphatic-draining nanoparticles deliver Bay K8644 payload to lymphatic vessels and enhance their pumping function. Sci Adv. 2023 Feb 24;9(8):eabq0435. doi: 10.1126/sciadv.abq0435. Epub 2023 Feb 24. PMID: 36827374; PMCID: PMC9956116)