Uno studio giapponese ha valutato gli esiti di un intervento condotto da farmacisti per definire inizio infezione e andamento della terapia con vancomicina.
Individuare l’antibiotico più corretto per un tipo di infezione è importante per ridurre il diffondersi dell’antibiotico resistenza, ma i programmi di antimicrobial stepwardship si compongono anche di altri tasselli, come diagnosi precoce di malattia infettiva, anche per evitarne la diffusione, e monitoraggio dell’andamento della terapia, per esempio in termini di concentrazione della molecola attiva nel sangue.
Uno studio retrospettivo osservazionale giapponese valuta l’utilità di un team di farmacisti ospedalieri proprio nell’individuare precocemente i soggetti infetti tra i ricoverati e nel monitorare la terapia con vancomicina. Condotto in un ospedale da 8.15 letti della Eastern Tokyo, lo studio coinvolge 638 pazienti con età media 69 anni.
In questo ospedale i membri dell’Infection Control Team (ICT) e dell’Antimicrobial Stewardship Team (AST) lavorano insieme per valutare le migliori terapie contro le malattie infettive. Outcome primario di questo lavoro, il mantenimento di concentrazione sanguigna di vancomicina di 10–20 μg/ml, partendo dal primo giorno di assunzione fino al fine terapia.
Outcome secondari: morte del paziente per tutte le cause entro 30 giorni dall’inizio del trattamento con vancomicina; durata del trattamento; implementazione di una de-escalation senza vancomicina.
Caratteristiche della popolazione inclusa nello studio
In uno studio come questo è interessante osservare le caratteristiche cliniche dei pazienti coinvolti. Ecco, quindi, che nel 25,2% dei casi i soggetti hanno ricevuto prescrizione di vancomicina per una batteriemia, nel 18,5% dei casi per polmonite e nel 14,1% dei casi per neutropenia febbrile.
Queste sono le patologie percentualmente più rilevanti, anche se in altri casi la terapia antibiotica è stata iniziata per sepsi (7,4%), infezione causata da un catetere (5,3%), infezione del tratto biliare (3,1%), infezione al sito chirurgico (3,1%), meningite (2,5%) e peritonite (1,4%). I batteri individuati e che hanno richiesto terapia con vancomicina sono soprattutto 2: Staphylococcus spp resistente alla meticillina e coagulasi negativo (16,5%) e Staphylococcus aureus resistente alla meticillina – MRSA (13,9%).
Tra i pazienti inclusi nello studio, il 56,6% aveva il cancro, il 46,6% patologia cardiovascolare e il 20,2% scompenso renale. Il 27,3% ha necessitano di un ricovero in Terapia Intensiva. Infine, occorre tenere presente che per alcuni di questi pazienti la vancomicina è stata utilizzata anche come profilassi: si tratta dei pazienti ematologici (36,2%). Vediamo ora i risultati ottenuti dallo studio.
Gli esiti dello studio
Gli autori hanno osservato che la concentrazione di meticillina è restata nel target stabilito per tutto il periodo terapeutico nel 48,1% dei casi. Interessante osservare, però, che il mantenimento del target non ha correlazioni con la tempistica di verifica della necessità di terapia da parte del farmacista dell’ICT e nemmeno con l’inizio del monitoraggio.
Al contrario, dipende da queste due variabili la durata della terapia con vancomicina: più tardi viene effettuato l’audit e iniziato il monitoraggio e più a lungo dura il trattamento. Ecco perché è importante che il team ICT possa intervenire quanto prima.
(Lo studio: Sugita H, Okada N, Okamoto M, Abe M, Sekido M, Tanaka M, Tamatukuri T, Naito Y, Yoshikawa M, Inoue E, Tanaka H. Evaluation of the initial timing of infection control pharmacist-driven audit and monitoring of vancomycin therapy in patients with infectious diseases: A retrospective observational study. PLoS One. 2023 Aug 31;18(8):e0291096. doi: 10.1371/journal.pone.0291096. PMID: 37651455; PMCID: PMC10470910)