«Il farmacista ricercatore diviene oggi essenziale in tutto il sistema perché applica la metodologia sperimentale ai diversi ambiti dell’assistenza farmaceutica con lo scopo di raccogliere dati ed evidenze di real world, che vengono utilizzati a livello locale, ma anche a livello regionale e dalle Agenzie regolatorie per monitorare la sicurezza post-vendita e gli eventi avversi e per prendere decisioni normative», ha sottolineato la dottoressa Barbara Meini, coordinatrice del comitato scientifico del Congresso SIFO e dirigente farmacista presso l’USL nord-ovest Toscana, durante la sessione dedicata alla perimetrazione clinica del XLI Congresso della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie.
Durante la sessione si è parlato di centralità del farmacista ospedaliero nel processo sperimentale, ma anche della necessità di uniformare i processi di autorizzazione per l’avvio di una sperimentazione italiani, a oggi spesso differenziati tra varie aziende sanitarie e/o ospedaliere e dipendenti dai vari Comitati Etici.
Una condizione che sfavorisce l’avvio di grandi trial, per esempio, e che rallenta l’ingresso dei nuovi farmaci in corsia. Lo conferma Meini: «la sperimentazione permette un accesso molto precoce a farmaci potenzialmente efficaci e innovativi per pazienti che hanno terminato tutte le opzioni terapeutiche disponibili oppure per quei pazienti, spesso pediatrici, affetti da malattie rare per i quali non è disponibile alcun trattamento.
In ragione di ciò snellire e armonizzare le procedure a livello nazionale ed europeo avrebbe un impatto economico, sociale ed etico rilevante».
Il secondo aspetto critico del nostro Paese è la presenza di aree geografiche in deficit tecnologico, laddove la tecnologia consentirebbe, per esempio, di ridurre i costi di una sperimentazione.
Meini spiega in che modo la tecnologia avvantaggia il processo della sperimentazione clinica: «per esempio, il monitoraggio da remoto consente di ridurre le visite dei CRA nei centri sperimentali, con conseguente riduzione dei tempi e dei costi del monitoraggio; altrettanto può l’informatizzazione del Consenso Informato, la quale permette di migliorare la comprensione dei pazienti coinvolti negli studi clinici, riducendo così il tasso dei “drop-out”, cioè dei pazienti che si ritirano dalla sperimentazione in corso; l’informatizzazione delle schede raccolta dati e dei Trial Master File migliorano la qualità e la comprensione dei dati e riducono altresì i problemi relativi agli archivi per le sperimentazioni.
Anche nell’ambito della farmacia ospedaliera per la gestione dei campioni sperimentali sono già in uso sistemi di IVRS, di etichettatura elettronica e barcoding utili per la tracciabilità interna attraverso software dedicati».
Due progetti puntano a dare risposta a queste criticità: il Voluntary Harmonization Procedure e il Fast Track. Il primo vede la partecipazione dei comitati etici e di AIFA, mentre il secondo coinvolge il Ministero della Salute e AIFA. Per migliorare la sperimentazione clinica, però, occorre sempre mantenere uno sguardo largo e pensare all’Europa intera… almeno, così pensa Meini, che sottolinea: «il Regolamento EU 536/2014 ha tra i vari obiettivi quello di rendere competitiva l’Europa nell’ambito della ricerca clinica ed accrescerne l’attrattività; anche se entrato in vigore il 16 giugno 2014, non trova ancora oggi la sua applicazione, subordinata all’attivazione del portale europeo, che era attesa nel 2020, questa volta procrastinata anche a causa della riallocazione ad Amsterdam della sede EMA, conseguenza di Brexit, e dell’emergenza Covid-19.
In Italia a seguito della Legge 3/2018, abbiamo solo il decreto legislativo 52/2019 per cui la strada appare ancora in salita».
Stefania Somaré