Farmacisti ospedalieri nei reparti di Emergenza-Urgenza

Uno studio qualitativo britannico valuta conoscenze e competenze dei farmacisti inseriti nelle équipe di Emergenza-Urgenza.

Il Regno Unito, non diversamente dagli altri Paesi europei, sta vivendo un momento di difficoltà con il personale sanitario, in particolare nei reparti di Emergenza-Urgenza.
Come risposta, i team sono stati arricchiti della figura del farmacista ospedaliero che, oltre a svolgere il proprio ruolo convenzionale, ha anche il compito di valutare il paziente, in particolare con l’obiettivo di proteggerlo da danni dovuti a trattamenti errati.

Ma non solo. Nel Regno Unito ogni anno circa il 10% dei pazienti pediatrici che si presentano in Pronto Soccorso hanno subito un abuso, di carattere fisico o emotivo, volontario o involontario: si tratta di pazienti che devono essere individuati per poi essere trattati di conseguenza. Circa 1/5 dei pazienti adulti che arriva in Pronto Soccorso viene, invece, trascurato.

Per svolgere l’importante compito di individuare i pazienti vulnerabili e di proteggerli, i farmacisti ospedalieri inseriti nelle équipe di Emergenza-Urgenza devono acquisire conoscenze e competenze nuove.
Uno studio pubblicato su International Journal of Clinical Pharmacy valuta proprio queste competenze. Si tratta di uno studio limitato dai bassi numeri: sono solo 13 i farmacisti intervistati. Ma fornisce comunque alcune indicazioni di partenza.

Il livello di conoscenze e predisposizione è buono

Questo studio qualitativo si basa su un questionario appositamente ideato partendo da una revisione della letteratura: il questionario si compone di alcune domande teoriche e di quattro vignette, ognuna incentrata su un ambito specifico, per valutare la capacità del farmacista di capire le esigenze dei pazienti.
Ognuno dei partecipanti è stato intervistato di persona, mentre le risposte sono state registrate per essere valutate in un secondo momento.
In media ogni intervista è durata una quarantina di minuti.

I partecipanti hanno mostrato una certa capacità di definire il proprio compito, spesso indicando non solo la protezione dall’abuso, ma anche l’attenzione al benessere generale del soggetto durante la permanenza in Pronto Soccorso.

I partecipanti hanno inoltre sottolineato alcune competenze importanti da avere, come quella di capire lo stato mentale del paziente prima di approcciarlo. Le risposte fornite al questionario permettono di affermare che i farmacisti coinvolti nello studio sono consapevoli del proprio ruolo e sanno come identificare i pazienti bisognosi di protezione e come muoversi.

Conoscono anche bene le quattro fasi del processo di protezione che, dopo il riconoscimento richiedono un intervento di protezione, la creazione di una documentazione e, infine, l’escalation, ovvero l’intervento da parte di un altro attore, che sia un assistente sociale, un terapista occupazionale o altro, scelto chiaramente in base alle specificità del caso.

I partecipanti si mostrano particolarmente a proprio agio quando devono valutare la qualità della terapia farmacologica assunta dal paziente, perché nelle proprie corde.

Fattori da migliorare

Lo studio consente anche di evidenziare aree di miglioramento. La prima: il setting e i sistemi informatici offerti. È chiaro che in alcuni casi può essere utile valutare se il paziente si sia già presentato in Pronto Soccorso nei mesi precedenti e per quali ragioni, ma non sempre è facile farlo a causa di sistemi informatici che non parlano tra loro.

Non è detto, infatti, che il paziente acceda sempre allo stesso Pronto Soccorso. Altro aspetto importante è quello della formazione: i partecipanti hanno dichiarato di necessitare di maggiori informazioni, ma anche di esercitazioni di scenario, per essere pronti a rispondere a esigenze specifiche del paziente.

Da ultimo, ritenuto molto importante anche il lavoro di squadra e l’intervento di diversi specialisti nel processo di protezione, ma non per importanza, si segnala il peso che le diverse culture possono avere su uno stesso caso: diventa quindi importante anche il ruolo del mediatore culturale.
Gli autori concludono sottolineando che i partecipanti hanno chiaro il proprio compito, ma talvolta hanno idee imprecise rispetto al ruolo degli altri professionisti.

(Lo studio: Greenwood, D., Steinke, D., Martin, S. et al. What do emergency department pharmacist practitioners know and understand about patient safeguarding? A qualitative study. Int J Clin Pharm (2023). https://doi.org/10.1007/s11096-023-01663-0)