Degenerazione maculare: nuovi dati su faricimab a due anni

Nuovi dati a due anni confermano che faricimab migliora la vista in soggetti con degenerazione maculare legata all’età neovascolare, con un numero minore di somministrazioni.
Gli studi Tenaya e Lucerne a due anni evidenziano che più del 60% dei pazienti è stato trattato ogni 4 mesi, con un numero di iniezioni nel biennio, pari a 10.

Annunciati da Roche lo scorso 14 luglio – in occasione del congresso scientifico annuale dell’American Society of Retina Specialists – i nuovi dati a due anni di faricimab, frutto degli studi Tenaya e Lucerne, che ne consolidano l’efficacia, la sicurezza e la durabilità a lungo termine nella degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAMD), tra le principali cause di perdita della vista.

La degenerazione maculare legata all’età neovascolare

La degenerazione maculare legata all’età – AMD, è una patologia che colpisce la parte dell’occhio deputata alla visione centrale, nitida e dettagliata, indispensabile per svolgere attività come la lettura. La AMD neovascolare o umida – nAMD, è una forma avanzata di malattia che, in assenza di trattamenti, può portare alla rapida perdita della vista.
Questa patologia si sviluppa con la crescita incontrollata di nuovi vasi sanguigni anomali sotto la macula, che causano gonfiore, sanguinamento e fibrosi.
Ne sono colpiti circa 20 milioni di soggetti in tutto il mondo; la nAMD rappresenta la causa principale di perdita della vista negli over60.
In conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione, verosimilmente il numero di pazienti andrà ad aumentare nei prossimi anni. Attualmente la nAMD viene trattata con iniezioni nell’occhio a cadenza mensile o bimestrale.

Faricimab

Faricimab è il primo anticorpo bispecifico approvato per l’occhio e l’unico farmaco oculare iniettabile approvato in diversi paesi per trattamenti somministrati a intervalli massimi di quattro mesi.
Si tratta di un anticorpo diretto e mirato che inibisce due meccanismi patologici connessi allo sviluppo di diverse patologie retiniche che minacciano la vista; agisce difatti neutralizzando sia l’angiopoietina 2 (Ang-2) sia il fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), due elementi che concorrono alla perdita della vista determinando destabilizzazione vascolare, causa di sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumentata infiammazione.

Le analisi primarie a un anno hanno costituito la base delle recenti approvazioni di faricimab per la nAMD in Usa, Giappone, Regno Unito e altri paesi di tutto il mondo. Faricimab ha ricevuto l’approvazione in questi paesi anche per l’edema maculare diabetico – EMD.
Attualmente faricimab è al vaglio dell’EMA per queste patologie, e sono in corso le sottomissioni ad altre autorità regolatorie in tutto il mondo.

Gli studi Tenaya e Lucerne

Si tratta di due studi identici di fase III, randomizzati, multicentrici, in doppio cieco e internazionali, volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di faricimab rispetto ad aflibercept in 1.329 soggetti con nAMD – 671 nello studio Tenaya e 658 nello studio Lucerne.
Gli studi prevedono 2 bracci di trattamento ciascuno: faricimab 6 mg somministrato a intervalli di due, tre o quattro mesi, dopo quattro dosi mensili iniziali, scelti in funzione della valutazione obiettiva dell’attività di malattia in base a tomografia a coerenza ottica ed esami dell’acuità visiva alle settimane 20 e 24, e aflibercept 2 mg somministrato a intervalli fissi di due mesi dopo tre dosi mensili iniziali.

Alla settimana 60, i pazienti trattati con faricimab sono stati sottoposti ad un approccio treat-and-extend fino alla settimana 108.
Il regime posologico durante la fase treat-and-extend è stato aggiustato in base alla risposta al trattamento determinata secondo lo spessore del sottocampo centrale – CST – e l’acuità visiva.
In entrambi i bracci sono state somministrate iniezioni sham alle visite degli studi in cui non erano previste iniezioni del trattamento per mantenere la cecità di sperimentatori e partecipanti.L’endpoint primario degli studi è la variazione media del punteggio relativo alla migliore acuità visiva corretta (BCVA) – si tratta della migliore visione a distanza, che può essere ottenuta da un soggetto, anche con mezzi correttivi come gli occhiali, durante la lettura delle lettere su una tavola ottometrica – dal basale alla media delle settimane 40, 44 e 48.
Gli endpoint secondari includono sicurezza, percentuale di partecipanti nel gruppo faricimab sottoposti al trattamento ogni due, tre e quattro mesi, percentuale di partecipanti che hanno guadagnato (e percentuale che ha evitato una perdita di) di 15 o più lettere nella migliore acuità visiva corretta, rispetto al basale nel tempo, e variazione dello spessore del sottocampo centrale rispetto al basale nel tempo.

I risultati a due anni

A due anni sono stati osservati miglioramenti della vista sovrapponibili tra i bracci di trattamento. Nello studio Tenaya, i miglioramenti medi della vista dal basale a due anni sono stati di +3,7 lettere della tavola ottometrica nel braccio faricimab e di +3,3 lettere nel braccio aflibercept.
Nello studio Lucerne, i miglioramenti medi della vista dal basale a due anni sono stati di +5,0 lettere nel braccio faricimab e di +5,2 lettere nel braccio aflibercept.

Inoltre, il 59% e il 67% dei pazienti trattati con faricimab – rispettivamente nello studio Tenaya e nello studio Lucerne – hanno raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi a due anni.
Questo dato rappresenta un aumento rispetto ai risultati a un anno, quando avevano raggiunto intervalli di somministrazione di quattro mesi rispettivamente il 46% e il 45% dei pazienti trattati con faricimab.
Il 15% e il 14% dei pazienti trattati con faricimab ha altresì raggiunto intervalli di somministrazione di 3 mesi a due anni. Complessivamente, alla fine del secondo anno, più del 78% dei pazienti in terapia con faricimab poteva essere trattato a intervalli di almeno tre mesi.

In entrambi gli studi, faricimab somministrato a intervalli massimi di 4 mesi e aflibercept somministrato ogni 2 mesi hanno fatto osservare riduzioni sovrapponibili del CST.
I risultati di sicurezza erano coerenti tra i bracci degli studi e non sono stati segnalati casi di vasculite retinica o infiammazione intraoculare associati a occlusione venosa o arteriosa retinica.
Roche prevede inoltre una estensione degli studi per faricimab, per la valutazione di sicurezza e tollerabilità a lungo termine sia nella nAMD che nella EMD.
In corso anche studi volti alla valutazione dell’efficacia e la sicurezza di faricimab in soggetti con edema maculare da occlusione venosa retinica

«La degenerazione maculare umida compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti. Si tratta di una patologia particolarmente diffusa e legata all’età avanzata. Molti pazienti arrivano tardi alla diagnosi perché non si sottopongono a regolari visite oculistiche di controllo, che invece dopo i 50 anni sono fortemente consigliate. Trascurando i sintomi iniziali, la patologia continua a progredire e peggiorare rapidamente», ha chiarito Francesco Bandello, direttore Clinica Oculistica Vita-Salute San Raffaele di Milano.
«La ricerca in questi anni si è focalizzata sullo studio di trattamenti in grado di ritardare la perdita della vista, agendo sui fattori che causano la crescita di nuovi vasi sanguigni nella maculopatia umida.
Faricimab, con un meccanismo d’azione innovativo, è il primo farmaco che, agendo sia sull’angiopoietina 2 (Ang-2) sia sul fattore di crescita endoteliale vascolare A (VEGF-A), ha mostrato di garantire l’efficacia riducendo il numero di somministrazioni annuali di iniezioni intravitreali».

Elena D’Alessandri