Quello della multiresistenza agli antibiotici è un problema che interessa tutto il mondo, mettendo a rischio la capacità medica di affrontare malattie infettive, soprattutto nei più fragili, ma non solo.

Per evitare che il fenomeno dilaghi ulteriormente, ogni realtà sanitaria deve dotarsi di un programma ad hoc per aumentare, da una parte, la consapevolezza di personale sanitario, pazienti e cittadini sul tema e, dall’altra, l’uso corretto delle diverse classi di antibiotici. In ospedale come sul territorio.

Il tutto in un’ottica che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “One Health“: occorre, infatti, ridurre l’uso di antibiotici negli allevamenti animali destinati all’alimentazione e migliorare l’uso di questa classe di farmaci anche a livello veterinario. L’idea è che solo un lavoro di concerto potrà portare benefici evidenti.

Gli antimicrobial stewardship

Parte di questo processo condiviso è anche lo sviluppo, a carico delle realtà ospedaliere, di piani di antimicrobial stewardship, pensati per educare e supportare i professionisti sanitari a seguire le linee guida basate sull’evidenza per la prescrizione e amministrazione degli antibiotici. Fa, inoltre, parte di questo programma anche l’educazione a semplici gesti quotidiani, come il lavaggio o la sanificazione delle mani e delle superfici.

Un recente articolo sudafricano, pubblicato sul Journal of Medical Microbiology, racconta le fasi preliminari per l’implementazione di un programma di antimicrobial stewardship all’interno di un ospedale di terzo livello di Durban.

Risulta importante, infatti, non calare mai dall’alto programmi di questo genere, ma inserirli lentamente nel contesto perché possano ottenere il consenso del personale sanitario stesso ed entrare nella realtà clinica quotidiana. Gli autori di questo lavoro afferiscono al College of Health Sciences dell’Università di KwaZulu-Natal. Vediamo quali sono gli aspetti su cui si sono concentrati.

L’analisi del contesto: fondamentale per una implementazione efficace

Come prima cosa, gli autori hanno condotto un’analisi di contesto, mettendo in evidenza i punti di forza e di debolezza del sistema, le opportunità e le insidie. Lo strumento scelto è quello del questionario attitudinale, rivolto a farmacisti, medici e infermieri del reparto. Partendo dalle risposte ottenute, i ricercatori hanno valutato la prontezza del reparto.

Il questionario è stato inviato a 3100 professionisti sanitari, ricevendo risposta solo dall’1%, ovvero 31 persone, tra le quali 2 farmacisti ospedalieri, 16 medici e 14 infermieri. Un numero un po’ ristretto, che in un certo senso inficia la qualità del lavoro.

Dalle risposte ottenute, comunque, gli autori possono evidenziare come la maggior parte dei partecipanti percepisca quello dell’antibiotico resistenza come un problema non solo a livello nazionale, ma anche di reparto. Probabilmente grazie a questa consapevolezza, l’81,3% dei rispondenti si dice pronto a partecipare a iniziative dirette a ridurre il problema. La scarsa partecipazione al questionario potrebbe manifestare un basso livello di consapevolezza della situazione, risultando come una criticità.

Altri punti di debolezza del sistema sono le poche attività già portate avanti per contrastare l’antibiotico resistenza, mentre gli autori trovano un punto di forza nella possibile formazione di commissioni dedicate all’antibiotico resistenza.

Più in generale, gli autori sottolineano l’importanza di condurre fasi pre-implementazione, sia per testare il contesto, sia come strumento di confronto con lo stato dell’arte che si definisce nel tempo, a implementazione avvenuta. Ciò può essere utile anche nel nostro Paese, dove la multi-resistenza agli antibiotici è estremamente diffusa, soprattutto negli ospedali, e l’uso consapevole degli antibiotici è certamente in miglioramento, anche se c’è ancora del lavoro da fare.

Studio: Cassim J, Essack SY, Chetty S. Building an antimicrobial stewardship model for a public-sector hospital: a pre-implementation study. J Med Microbiol. 2024 Jul;73(7).