Alzheimer, a Stanford si studia il trapianto di staminali nel cervello

Con l’invecchiamento della popolazione si assiste a un incremento dei casi di malattie neurodegenerative, in particolare delle demenze. In Italia si parla di circa 1 milione di over 65 affetti da demenza, tra i quali 630 mila sono malati di Alzheimer e 928 mila di declino cognitivo lieve (MCI). Per questi soggetti, la sola speranza è al momento di ricevere una diagnosi precoce, così da provare a rallentare la progressione della patologia: non esiste, al momento, una cura. Almeno, non ancora.

Sono tanti, infatti, i team di ricerca impegnati su questo fronte. Tra questi, anche ricercatori della Stanford Medicine e, in particolare, il team del professore in patologia Marius Wernig, che è anche ricercatore presso lo Stanford Institute for Stem Cell Biology and Regenerative Medicine. Il team ha tentato un approccio innovativo, effettuando trapianti di cellule staminale nel cervello.

Il ruolo della microglia nella progressione di malattia

Il lavoro utilizza modelli di topo affetti dall’Alzheimer, patologia che interessa anche la microglia: è stato infatti dimostrato che i depositi di proteina β-amiloide sono in grado di attivare la microglia, determinando un rilascio di citochine pro-infiammatorie che, a loro volta, stimolano il deposito della proteina.
Inoltre, i ricercatori statunitensi hanno individuato una correlazione tra la mutazione del gene TREM2 nelle cellule della microglia e il modo in cui la microglia stessa collabora alla neurodegenerazione.

In ogni caso si crea quindi un circolo vizioso che il team di Wernig cerca di interrompere.
Il loro intento è, infatti, di trapiantare nel cervello cellule staminali del sangue per sostituire, di fatto, le cellule “difettose” della microglia.

In particolare, le cellule ematopoietiche e le cellule progenitrici trapiantate portano tutte versioni corrette del gene TREM2. Gli autori hanno osservato che in molti topi queste cellule sono in grado di sostituire la microglia originaria, di fatto ricostituendo la funzione di TREM2. Ma questo può bastare?

Gli effetti della sostituzione

Spiega Wernig: «nei topi trapiantati abbiamo visto una chiara riduzione dei depositi di proteina β-amiloide normalmente presenti nei topi che mancano di TREM2. Non solo. Abbiamo osservato anche un ritorno della funzionalità della microglia e una riduzione degli altri marker di malattia. Sembra, quindi, che ripristinare la funzionalità di questo gene possa portare a effetti positivi».

La nuova microglia, però, non è uguale a quella nativa e potrebbe, nel tempo, portare danni. Occorre quindi muoversi con attenzione. C’è poi da capire come effettuare il trapianto nel cervello umano.

Tuttavia, gli autori sono positivi e pensano già a provare a verificare gli effetti di un trapianto di cellule staminali ingegnerizzate per esprimere una super dose di TREM2.
Lo studio è stato supportato da: Kleberg Foundation, Emerson Collective, un premio della Howard Hughes Medical Institute, un premio della New York Stem Cell Foundation Druckenmiller, German Research Foundation e da un post-doc fellowship della National Research Foundation of Korea.

(Lo studio: Yoo Y, Neumayer G, Shibuya Y, Mader MM, Wernig M. A cell therapy approach to restore microglial Trem2 function in a mouse model of Alzheimer’s disease. Cell Stem Cell. 2023 Aug 3;30(8):1043-1053.e6. doi: 10.1016/j.stem.2023.07.006. PMID: 37541210)