Acido tranexamico nei pazienti anziani con frattura d’anca

Studio giapponese valuta impatto del farmaco nei pazienti anziani denutriti che devono sottoporsi a intervento.

Il Giappone è tra i Paesi con la popolazione più anziana al mondo: al settembre 2023 contava 36,2 milioni di over 65, pari al 29,1% della sua popolazione. In Italia, per dare un confronto, gli over 65 rappresentano il 24,3% della popolazione, pari a 14 milioni e 358 mila persone.

L’età porta con sé indebolimento muscolare e osseo, associato a fragilità, con aumento del rischio di caduta, che a sua volta è causa di numerose fratture a carico di polso, vertebre, spalla e femore. Quest’ultima è senza dubbio la frattura più grave, richiedendo spesso un intervento chirurgico di fissazione, se non di impianto protesico.

L’intervento comunque non è esente da rischi, legati in particolare alla perdita di sangue nel lasso perioperatorio e alla necessità di eseguire delle trasfusioni: i due eventi non solo determinano stanchezza nel paziente, ma lo mettono a rischio di contrarre patologie e concorrono a prolungarne il ricovero.

Tra le possibili strategie per migliorare questa situazione c’è la somministrazione di acido tranexamico, principio attivo ad azione antiemorragica. Un recente studio giapponese valuta la sicurezza e l’efficacia di questo trattamento su pazienti anziani con frattura di femore e in chiaro stato di denutrizione.

Organizzazione dello studio

Gli autori hanno arruolato 216 pazienti, dividendoli in due gruppi in base allo stato nutrizionale, calcolato con il Geriatric Nutritional Risk Index: gruppo “normale” (104) e gruppo “denutrito” (112).

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a intervento: 109 casi con un intervento di fissazione per rottura trocanterica, 107 casi con una emiartroplastica per rottura del collo del femore. 82 pazienti, presi da entrambi i gruppi, hanno ricevuto una somministrazione di acido tranexamico prima dell’incisione, in dose di 15 mg/kg di peso, e dopo 3 ore dall’intervento, quando hanno assunto per via endovenosa un altro grammo di principio attivo.

Gli autori hanno quindi confrontato gli esiti tra i due gruppi, normale e denutriti, e tra i due regimi farmacologici assunti. In particolare, il team si è concentrato su calo dell’emoglobina nel postoperatorio, tasso di trasfusione e incidenza di trombosi venosa profonda. Vediamo cosa si è scoperto.

Ed ecco i risultati

Ciò che emerge dallo studio è che l’acido tranexamico sembra essere più efficace in una popolazione con stato alimentare adeguato: in questo gruppo consente di diminuire considerevolmente il tasso di trasfusione. Al contrario, in un contesto di denutrizione, la sua azione è meno incisiva. Non si trova, invece, alcuna correlazione con la trombosi venosa profonda.

Gli autori hanno anche osservato che i pazienti denutriti sembrano più a rischio di incorrere in una frattura del collo del femore, piuttosto che in una del trocantere. I risultati suggeriscono l’importanza di assicurarsi che gli anziani si alimentino in modo adeguato.

Lo studio: Xie, J., Himeno, S. Tranexamic acid efficacy in geriatric hip fractures: impact of nutritional status on blood loss, transfusion rates, and safety. BMC Musculoskelet Disord 25, 553 (2024). https://doi.org/10.1186/s12891-024-07665-x