S. aureus resistente, il farmacista ospedaliero può migliorarne la gestione

Staphylococcus aureus è un classico esempio di patogeno opportunista che sta creando problemi ai sistemi sanitari, soprattutto a causa dei suoi ceppi resistenti alla meticillina, antibiotico appartenente alla classe dei beta-lattamici, come la penicillina. Una classe di antibiotici molto utilizzata.

S. aureus è comunemente presente sulla cute e le mucose del genere Homo sapiens sapiens: lo si trova nel 20-30% dei soggetti sani. Tuttavia, e non è un caso che lo si chiami opportunista, in un soggetto fragile o malato, S. aureus può diventare estremamente pericoloso, causando vari tipi di infezioni, da quelle cutanee a quelle del tratto gastro-intestinale, passando da osteomeliti e polmoniti.

Particolarmente importate è la sua azione in ambito ospedaliero, dove è causa di molte infezioni nocosomiali. Essendo facilmente presente a livello della mucosa nasale, in ospedale è facile che questo battere causi polmoniti: ecco allora che in pazienti con sospetta polmonite è possibile che venga effettuato un test per verificare la presenza di S. aureus e la sua resistenza o meno alla meticillina.

A tal fine si può sottoporre al saggio PCR del muco nasale del paziente che offre risultati in maniera rapida e con un valore predittivo negativo per polmonite resistente alla meticillina superiore al 98%. È poco chiaro, però, se questi numeri valgano anche per pazienti critici.

Ecco, allora, che ricercatori del Network statunitense AdventHealth, e in particolare degli ospedali di Orlando e Altamonte Spings, hanno condotto uno studio in pazienti ricoverati in Terapia Intensiva con sospetto di polmonite.

Oggetto del lavoro, un algoritmo guidato dal farmacista ospedaliero, basato sulla PCR nasale, per stabilire la durata della terapia adeguata a una possibile resistenza, basata su vancomicina o linezolide.
In entrambi i casi, la terapia viene iniziata una volta avvenuto l’accesso in Terapia Intensiva. 100 i pazienti coinvolti: 50 nella coorte sottoposta ad algoritmo e 50 nella coorte storica, trattati invece in modo tradizionale, ovvero senza l’intervento del farmacista.

Ciò che si è visto è che l’uso dell’algoritmo consente di ridurre considerevolmente la terapia con gli antibiotici anti-resistenza: un fatto importante, perché solo usando gli antibiotici non più del necessario è possibile ridurre il rischio che S. aureus sviluppi ceppi con ulteriori resistenze, riducendo ulteriormente la possibilità di curarlo.

Gli autori hanno poi preso in considerazione altri outcome: frequenza di individuazione di S. aureus resistente; numero di livelli ematici di vancomicina; permanenza in Terapia Intensiva; durata del ricovero ospedaliero; sviluppo di insufficienza renale; morte.
Le due coorti si sono comportate in modo simile per quanto riguarda questi outcome; unica eccezione, i livelli ematici di vancomicina, inferiori nella coorte trattata con l’algoritmo.

Un esito tutto sommato prevedibile. Il protocollo introdotto sembra quindi essere efficace: gli autori sottolineano l’importanza di confermare i risultati in altre popolazioni critiche e in setting dove la polmonite da S. aureus resistente è prevalente.

(Lo studio: Marinucci V, Louzon PR, Carr AL, Hayes J, Lopez-Ruiz A, Sniffen J. Pharmacist-Driven Methicillin-Resistant S. aureus Polymerase Chain Reaction Testing for Pneumonia. Ann Pharmacother. 2022 Aug 29:10600280221121144. doi: 10.1177/10600280221121144. Epub ahead of print. PMID: 36039495)

Stefania Somaré