L’osteoporosi è una condizione caratterizzata da una riduzione dei minerali presenti nelle ossa, che le rende più fragili. La patologia, che riguarda soprattutto la terza età, è tipicamente femminile. In Italia colpisce 5 milioni di persone, di cui l’80% sono donne in menopausa.
Numeri, questi, destinati ad aumentare di circa il 20% da qui al 2030 a causa del progressivo incremento dell’età media della popolazione.
A instaurare e accelerare il processo osteoporotico possono contribuire alcuni fattori.
Per esempio, la familiarità o la presenza di altre malattie concomitanti, come diabete, ipertiroidismo, celiachia, colite, artrite reumatoide, leucemia, linfoma, mieloma multiplo, anemia.
Anche alcuni farmaci, soprattutto se assunti a dosi elevate e per un periodo prolungato, potrebbero concorrere a danneggiare l’osso: in particolare i corticosteroidi, ma pure alcuni antiepilettici, l’eparina e alcuni antitumorali.
A rischio vertebre e femore
La malattia si sviluppa in modo silenzioso, spesso senza dare segni di sé per molti anni. Con il passare del tempo possono comparire ipercifosi, calo di statura per effetto dello schiacciamento vertebrale, fratture da fragilità.
Si stima che nel mondo ogni tre secondi un osso si spezzi a causa della patologia e che in Italia le fratture di questo tipo siano circa 500 mila all’anno, coinvolgendo una donna su tre e un uomo su cinque dopo i 50 anni.
Tutte le ossa colpite da osteoporosi possono rompersi, ma le fratture più frequenti riguardano polso, vertebre, femore, seguiti da spalla e costole.
Nelle persone più giovani con la malattia, la frattura più comune è in genere quella del polso, mentre nei più anziani sono a rischio soprattutto le vertebre e il femore.
Scarsa aderenza al trattamento
«Per scongiurare tutto ciò è bene giocare d’anticipo, puntando su maggiore attività fisica, alimentazione ricca di calcio e proteine, mantenimento del giusto peso corporeo, sospensione di alcol e fumo», raccomanda Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie.
Anche un adeguato apporto di vitamina D è fondamentale, perciò, in caso di deficit, è necessario ricorrere alla supplementazione.
Il problema è che circa il 20-30% dei pazienti sospende precocemente la terapia suppletiva per vari motivi, tra cui il gusto poco gradevole delle formulazioni oleose o la loro conservazione in flaconcini difficili da aprire.
Capsule molli e film orodispersibile
Per migliorare l’aderenza al trattamento, sono oggi disponibili due nuove formulazioni di vitamina D, in capsule molli e in film orodispersibile aromatizzato.
Quest’ultimo si presenta come un foglietto flessibile e ultrasottile (50-150 micron di spessore) della dimensione di un francobollo che, una volta a contatto con la saliva, si scioglie in poche decine di secondi senza acqua né deglutizione, assicurando una concentrazione precisa del principio attivo e una sua rapida biodisponibilità.