Nuovi dati su Ibrutinib in combinazione dai congressi ASCO e EHA

Buone notizie per pazienti affetti da linfoma mantellare e leucemia linfatica cronica. La terapia a base di ibruninib in combinazione si è dimostrata di grande efficacia. Sono questi i risultati emersi dagli studi Shine di fase 3 e Captivate di fase 2 presentati in occasione dei congressi dell’American Society of Clinical Oncology – ASCO e della European Hematology Association – EHA.

In occasione di due dei più importanti congressi di oncologia ed ematologia – ASCO e EHA – Janssen ha presentato i risultati di due studi sull’utilizzo della terapia a base di ibrutinib in combinazione nel linfoma mantellare e nella leucemia linfatica cronica.

Leucemia linfatica cronica e linfoma mantellare

La leucemia linfatica cronica e il linfoma mantellare sono tumori del sangue.
Il primo è un tumore a crescita lenta dei globuli bianchi, con un’incidenza annua in Europa di circa 4,92 casi ogni 100 mila abitanti e una frequenza di 1,5 volte superiore negli uomini rispetto alle donne.
Si tratta di una malattia che colpisce per lo più gli anziani, con un’età media alla diagnosi di 72 anni. Nonostante gli avanzamenti terapeutici degli ultimi decenni, la patologia è ancora caratterizzata da episodi di progressione. Ai pazienti vengono spesso prescritte più linee di terapia in caso di recidive o resistenza ai trattamenti.

Diversamente dal primo, il linfoma mantellare è un tumore del sangue aggressivo e incurabile dei globuli bianchi. Si tratta di una malattia rara, con un’incidenza, nell’UE, di circa 0,5 casi ogni 100 mila abitanti. Il linfoma mantellare ha una prevalenza maggiore negli uomini rispetto alle donne e rappresenta dal 7% al 9% di tutti i casi di linfoma non Hodgkin in Europa.
In genere colpisce gli anziani, con un’età media di 65 anni alla diagnosi. Nonostante i miglioramenti terapeutici degli ultimi anni si tratta di una patologia ancora difficile da trattare, caratterizzata da episodi di progressione e necessità di terapie. Anche in questo caso, ai pazienti recidivanti e refrattari, vengono sovente prescritte più linee terapeutiche.

Ibrutinib

Ibrutinib è un farmaco a somministrazione giornaliera orale, sviluppato e commercializzato da Janssen Biotech, Inc. e Pharmacyclics LLC. Il suo meccanismo di azione si sostanzia bloccando la tirosin-chinasi di Bruton (BTK), proteina che favorisce la maturazione dei linfociti B, ma che allo stesso tempo permette alle cellule tumorali di crescere e diffondersi.

Bloccando questa proteina, ibrutinib aiuta l’eliminazione dei linfociti B anormali e inibisce la loro proliferazione. Il farmaco è approvato in oltre 100 Paesi, già utilizzato per il trattamento di oltre 250 mila pazienti: oltre 50 gli studi clinici, di cui 18 di fase 3, che da oltre un decennio ne valutano efficacia e sicurezza. Lo scorso ottobre, l’ibrutinib è stato aggiunto dall’OMS alla lista dei farmaci essenziali.

Le modalità di utilizzo approvate in Europa al momento prevedono la sua assunzione: in monoterapia o in combinazione con rituximab oppure obinutuzumab per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata; in monoterapia o in associazione a bendamustina e rituximab per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfatica cronica che hanno ricevuto almeno una precedente terapia; in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con linfoma mantellare recidivato o refrattario; in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con macroglobulinemia di Waldenström (WM) che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, o in prima linea per i pazienti per i quali una chemio-immunoterapia non è appropriata; in combinazione con rituximab per il trattamento di pazienti adulti con WM.

Linfoma mantellare: i risultati presentati ad ASCO 2022

In occasione del congresso dell’American Society of Clinical Oncology – ASCO 2022, i primi risultati dello studio SHINE di fase 3 hanno mostrato che la terapia combinata a somministrazione orale giornaliera di ibrutinib più bendamustina e rituximab (BR), e mantenimento con rituximab (R), riduce significativamente – di circa il 25% – il rischio di progressione di malattia o morte rispetto al trattamento con placebo più BR e mantenimento con rituximab, in pazienti over 65 con linfoma mantellare di nuova diagnosi.
I risultati dello studio sono anche stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine.

Lo studio Shine

Lo studio di fase 3 Shine ha arruolato 523 pazienti di età pari o superiore a 65 anni con linfoma mantellare di nuova diagnosi.
Tutti i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere ibrutinib – 560 mg per via orale al giorno fino a progressione o tossicità inaccettabile – o placebo più bendamustina e rituximab (BR), per un massimo di 6 cicli di 28 giorni; i partecipanti con risposta completa o parziale hanno continuato a ricevere una terapia di mantenimento con rituximab ogni secondo ciclo per un massimo di 12 dosi aggiuntive.
Ibrutinib o placebo sono stati somministrati quotidianamente fino a progressione della malattia o tossicità non accettabile.

I risultati di ibrutinib in combinazione

I dati presentati ad ASCO hanno mostrato che la terapia combinata ibrutinib più bendamustina e rituximab riduce significativamente il rischio di progressione della malattia e di morte nei pazienti anziani con linfoma mantellare di nuova diagnosi.
Lo studio ha infatti raggiunto l’endpoint primario della sopravvivenza libera da progressione, con una mediana di follow-up di 84,7 mesi; la terapia combinata ibrutinib più BR e mantenimento con rituximab ha mostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza libera da progressione mediana di 2,3 anni.
Risultati che mostrano il potenziale di questo trattamento a base di ibrutinib in combinazione come terapia di prima linea.

Leucemia linfatica cronica, i risultati presentati ad EHA 2022

Al congresso della European Hematology Association – EHA 2022, Janssen ha inoltre presentato i risultati aggiornati dello studio Captivate di fase 2 che valuta la terapia combinata ibrutinib più venetoclax (I+V) come potenziale trattamento a durata fissa per adulti con leucemia linfatica cronica non precedentemente trattata.

I dati del follow-up a tre anni della coorte a durata fissa mostrano che la terapia combinata I+V in prima linea continua a dare risposte profonde e durature e tassi di sopravvivenza libera da progressione e complessiva clinicamente significativi.
Sono stati presentati anche nuovi dati dalla coorte definita dalla malattia minima residua, che suggeriscono un ripristino immunitario con questa combinazione.

Lo studio Captivate

Lo studio di fase 2 Captivate ha arruolato 323 pazienti con leucemia linfatica cronica non precedentemente trattata, di età inferiore ai 70 anni, compresi pazienti con malattia ad alto rischio, suddivisi in due coorti.
Una coorte, trattata a dose fissa, in cui tutti i pazienti hanno interrotto la terapia dopo 12 cicli di terapia combinata, indipendentemente dallo stato di malattia minima residua, e una coorte definita dalla malattia minima residua, per valutare il ripristino immunitario, in cui la durata del trattamento è stata definita dallo stato di malattia minima residua dei pazienti, dopo 12 cicli di terapia combinata I+V (i pazienti che soddisfacevano ai criteri per la malattia minima residua confermata non rilevabile (uMRD) sono stati randomizzati 1:1 a placebo o ibrutinib; i pazienti che non soddisfacevano tali criteri sono stati randomizzati a ibrutinib o I+V).

Il follow-up a tre anni della coorte a dose fissa evidenzia che la terapia combinata I+V continua a dimostrare risposte profonde e durature e una sopravvivenza libera da progressione clinicamente significativa.
I dati clinici sottolineano le modalità d’azione distinte e complementari di ibrutinib e venetoclax.
È stato dimostrato che ibrutinib sposta le cellule tumorali dai linfonodi, e da altre nicchie linfoidi, al sangue periferico, dove risultano più suscettibili all’apoptosi indotta da venetoclax, eliminando le cellule tumorali in divisione e a riposo.

I dati aggiornati della coorte definita dalla malattia minima residua, sui cambiamenti nel tempo del profilo immunitario cellulare nei pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con la combinazione I+V e nei donatori sani appaiati per età, mostrano che la combinazione I+V nel braccio placebo con uMRD confermata ha eradicato efficacemente le cellule della leucemia linfatica cronica, fino a raggiungere i livelli dei donatori sani, e ha permesso una rigenerazione sostenuta della normale conta delle cellule B.

«Questi dati promettenti evidenziano il meccanismo d’azione complementare di ibrutinib e venetoclax in un regime di combinazione a durata fissa», ha dichiarato Carol Moreno, MD, PhD, Consultant Hematologist, Hospital de la Santa Creu Sant Pau, Università di Barcellona, e sperimentatore dello studio.
«Lo studio Captivate suggerisce che questa combinazione può avere il potenziale di fornire remissioni senza trattamento per i pazienti e di eradicare efficacemente le cellule tumorali, e contribuire a ripristinare le cellule B normali al livello dei donatori sani, nei pazienti con leucemia linfatica cronica non trattata in precedenza che raggiungono una malattia residua non rilevabile».

Elena D’Alessandri