Miastenia, in arrivo terapie innovative

(foto di Arek Socha da Pixabay)

Una malattia autoimmune che colpisce la giunzione neuromuscolare, impedendo la corretta trasmissione dell’impulso dal nervo al muscolo, con il risultato che quest’ultimo non si contrae con sufficiente forza.
Considerata rara, la patologia interessa in Italia circa 17 mila individui, con una prevalenza di 80-100 casi per milione di persone e un’incidenza di 21 casi per milione.

Si tratta della miastenia gravis, a cui è stato dedicato il convegno “Miastenia day: gestione del paziente, dalla diagnosi alla cura”, che si è tenuto a Roma lo scorso 27 aprile.

Sintomi da non sottovalutare

Se all’esordio la malattia riguarda di solito solo i muscoli che controllano i movimenti delle palpebre e dei bulbi oculari, l’espressione del viso, la masticazione, in fase avanzata coinvolge tutta la muscolatura, incluso il diaframma, con conseguente rischio di insufficienza respiratoria.

«I sintomi differiscono molto da paziente a paziente», precisa Amelia Evoli, professore associato di Neurologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e responsabile dell’Unità Operativa Semplice Miastenia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, oltre che coordinatrice del convegno, «e possono modificarsi anche nello stesso individuo. Per questo è importante non sottovalutarli».

Serve una diagnosi tempestiva

Proprio l’ampia variabilità della sintomatologia rischia, però, di ostacolare la diagnosi.
«A causa delle differenti manifestazioni, spesso vengono coinvolti diversi specialisti, come oculista, otorinolaringoiatra, psichiatra, fisiatra, con il rischio che la patologia non venga riconosciuta», sottolinea Renato Mantegazza, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia 4 – Neuroimmunologia e malattie neuromuscolari dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, oltre che coordinatore dell’evento.

Nuovi farmaci all’orizzonte

Solo una volta appurata la diagnosi, è, infatti, possibile impostare le terapie più appropriate. Quelle attuali, ovvero cortisone e immunosoppressori, pur essendo efficaci, risultano spesso gravate da effetti collaterali di rilievo.

Per questo, alla fine del 2017 Stati Uniti e Europa hanno approvato, sulla base dello studio Regain pubblicato nel medesimo anno su The Lancet Neurology, eculizumab, un farmaco biologico che induce una inibizione mirata degli anticorpi, in particolare delle immunoglobuline di tipo G, che interferiscono con la giunzione neuromuscolare.

Nel gennaio 2022 gli Stati Uniti hanno, inoltre, autorizzato la nuova molecola efgartigimod, sulla base dello studio Adapt pubblicato nel 2021 sempre su The Lancet Neurology.
La sperimentazione, durata 26 settimane, ha coinvolto 167 pazienti divisi in due gruppi: a uno è stato somministrato il medicinale, all’altro il placebo.
Ebbene, i risultati hanno evidenziato che il 68% degli assistiti del primo gruppo ha migliorato la capacità di svolgere le attività quotidiane rispetto al 30% di quelli del secondo gruppo.

L’auspicio è che eculizumab venga presto approvato nel nostro Paese e che efgartigimod ottenga il via libera prima in Europa e poi anche in Italia.
Un importante passo avanti verso la medicina di precisione e verso il miglioramento delle condizioni dei pazienti.

Paola Arosio