Leucemia linfatica cronica, terapia a durata fissa rimborsata in Italia

Leucemia linfatica cronica (fonte: Mary Ann Thompson, Wikipedia)

Presentata a Roma in conferenza stampa lo scorso 22 marzo la nuova terapia di combinazione di ibrutinib e venetoclax per la leucemia linfatica cronica, rimborsabile in Italia come terapia orale a singola somministrazione giornaliera, chemio-free, per pazienti non precedentemente trattati.

La leucemia linfatica cronica è la forma di leucemia più frequente nell’adulto nei Paesi Occidentali. In Italia si contano oltre 2.700 casi l’anno – pari al 30% di tutte le forme di leucemia – con un’incidenza maggiore negli uomini e un picco di frequenza tra i 60 e i 70 anni. In occasione della conferenza stampa ospitata a Roma lo scorso 22 marzo, i massimi esperti e i rappresentanti dei pazienti hanno discusso gli aspetti più rilevanti di questa patologia onco-ematologica, gli unmet clinical needs e le novità introdotte in ambito terapeutico, come l’arrivo di una nuova combinazione per ibrutinib, farmaco antitumorale, primo della sua classe a somministrazione orale, con venetoclax, come trattamento a durata fissa, da oggi rimborsabile nel nostro Paese.

La rimborsabilità di ibrutinib 

Ibrutinib, primo inibitore della tirosin chinasi di Bruton – BTK, approvato a livello mondiale, ha recentemente ricevuto dall’Agenzia italiana del Farmaco – AIFA, la rimborsabilità per una nuova indicazione terapeutica. In particolare, il farmaco è ora disponibile anche in combinazione con venetoclax, inibitore di BCL-2, come nuovo trattamento a durata fissa – per un totale di 15 mesi – per pazienti adulti con leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata.

Ibrutinib è quindi rimborsato in Italia per il trattamento di: pazienti adulti con leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata, in monoterapia e in combinazione con venetoclax; leucemia linfatica cronica che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, in monoterapia; linfoma mantellare recidivato o refrattario, in monoterapia; macroglobulinemia di Waldenström che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, in monoterapia.

Ibrutinib e venetoclax: meccanismo di azione e risultati su efficacia e sicurezza

L’efficacia della combinazione di ibrutinib e venetoclax deriva dal meccanismo d’azione delle molecole che la compongono. Da un lato, ibrutinib blocca la BTK, una proteina che invia ai linfociti B segnali fondamentali per la maturazione e la produzione di anticorpi, alla base della proliferazione e della migrazione delle cellule tumorali in numerose neoplasie delle cellule B; dall’altro, venetoclax è un potente inibitore selettivo del linfoma a cellule B, una proteina anti-apoptotica che risulta sovra-espressa nelle cellule con leucemia linfatica cronica, dove è responsabile della sopravvivenza delle cellule tumorali ed è stata associata a resistenza ai chemioterapici.

L’efficacia e la sicurezza di ibrutinib + venetoclax sono state valutate in diversi studi clinici. Tra questi, lo studio GLOW, che ha valutato il trattamento in prima linea a durata fissa di questa combinazione in pazienti over65 con leucemia linfatica cronica non trattata. Lo studio in oggetto ha evidenziato benefici in termini di sopravvivenza e tempo al trattamento successivo ad un follow-up mediano a 5 anni, con tassi di sopravvivenza di oltre l’80% rispetto alla chemio immunoterapia con clorambucile più obinutuzumab. 

Risultati importanti arrivano anche dallo studio Captivate che ha utilizzato un regime a base di ibrutinib + venetoclax simile a quello dello studio Glow in pazienti con leucemia linfatica cronica di età pari o inferiore a 70 anni e ha mostrato remissioni profonde e valori di progressione libera da malattia clinicamente significativi.

Un importante progresso verso la personalizzazione dei trattamenti

L’arrivo di questa nuova combinazione rappresenta un importante passo in avanti verso la personalizzazione dei trattamenti per la leucemia linfatica cronica. In particolare, questa nuova terapia combina due molecole che, grazie ai loro meccanismi d’azione, risultano tra le più efficaci tra quelle oggi a disposizione per il trattamento di questa patologia.

«In termini di efficacia, ad esempio, gli studi clinici hanno evidenziato come l’associazione di ibrutinib con venetoclax consenta un periodo libero da trattamento molto lungo, di quasi 5 anni, in 9 pazienti su 10. Oltre alla sua importanza in termini di efficacia, è importante sottolineare che si tratta del primo trattamento completamente orale, una volta al giorno, senza chemioterapia, a durata fissa per la leucemia linfatica cronica», ha sottolineato Luca Laurenti, professore associato presso l’Istituto di Ematologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un elemento quest’ultimo, che consente di evitare ricoveri o infusioni endovenose, con benefici sia per i pazienti che per il SSN nel suo complesso.

«Ibrutinib è stato il primo inibitore della BTK impiegato nel trattamento della leucemia linfatica cronica», ha aggiunto Francesca Romana Mauro, professore associato presso l’Istituto di Ematologia del Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione dell’Università Sapienza di Roma.

«Dato il lungo tempo del suo impiego, sono oggi disponibili per questo inibitore, dati molto robusti che si basano non solo sul più lungo follow-up registrato per questa classe di molecole, ma anche sul numero molto elevato di pazienti trattati in studi clinici, e soprattutto, nella pratica clinica. La grande esperienza clinica generata ha quindi prodotto una solida real-world evidence circa ibrutinib nella leucemia linfatica cronica.

È importante notare che pazienti trattati con il solo ibrutinib in diversi studi clinici, dopo 8 anni di follow-up hanno mostrato una sopravvivenza stimata del tutto simile a quella di una popolazione sana di pari età. Inoltre, ibrutinib ha mostrato efficacia con risposte durature anche in pazienti con alterazioni genetiche prognosticamente sfavorevoli come la delezione e, ovvero la mutazione del gene TP53 e lo stato mutazionale IGHV non mutato.

Un aspetto importante è rappresentato dalla possibilità di modulare la dose di ibrutinib in rapporto alla tollerabilità del paziente e all’insorgenza di eventi avversi senza che questo abbia un impatto significativo sulla sua efficacia a lungo termine».

Per i pazienti puntare su innovazione terapeutica e presa in carico 

L’avanzamento della ricerca scientifica e le nuove terapie oggi a disposizione stanno migliorando la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti.

«Nell’epoca della personalizzazione delle cure dobbiamo promuovere un altrettanto innovativo rinnovamento del nostro Sistema Sanitario, che a volte rende difficile l’accesso alle terapie innovative e la completa presa in carico del paziente, non solo per gli aspetti strettamente clinici, particolarmente quando si parla di malattie croniche», ha sottolineato Davide Petruzzelli, presidente La Lampada di Aladino Ets, una associazione fondata da un gruppo di ex malati di cancro che sin dal 2000 supporta i pazienti oncologici e le loro famiglie durante tutto il percorso di cura.

«La nostra visione è orientata a supportare a 360° le persone che vivono con un tumore tanto che il nostro obiettivo non è curare il cancro, ma le persone che vivono l’esperienza del cancro», ha aggiunto Petruzzelli.

Un pensiero quest’ultimo condiviso dall’Associazione italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma – AIL, da 55 anni al fianco dei pazienti ematologici con l’obiettivo di supportare la ricerca, l’assistenza e la sensibilizzazione verso i tumori del sangue.

«Il nostro impegno quotidiano è contribuire a curare al meglio i pazienti, migliorando la loro qualità e aspettativa di vita», ha sostenuto Rosalba Barbieri, vicepresidente nazionale Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma e Presidente sezione AIL di Novara.