Gestione degli anticoagulanti orali ad azione diretta in ospedale

Un team della Ghent University, in Belgio, ha aggiornato le linee guida per la gestione della terapia anticoagulante in ospedale, in ambito sia chirurgico sia non chirurgico. Lo strumento usato è quello del consenso tramite procedura Delphi.

Le terapie anticoagulanti sono utilizzate in vari ambiti medici, per esempio per prevenire il tromboembolismo venoso e arterioso, quest’ultimo in pazienti con fibrillazione atriale, e l’embolia polmonare, ma anche come prevenzione all’ictus in pazienti con fibrillazione atriale e protesi valvolari cardiache meccaniche e come farmaco in acuto per chi soffre di occlusioni arteriose periferiche. Esistono diverse categorie di anticoagulanti.

Secondo AIFA, nel 2022 in Italia sono state effettuate 10.766.022 ricette per anticoagulanti, per un totale di 1.797.440 pazienti: nell’80,4% dei casi, si parla di nuovi anticolagulanti (NOA), chiamati anche ad azione diretta (DOACs), e nel 19,6% dei casi di antagonisti della vitamina K. I NOA sono antagonisti diretti dei fattori della coagulazione, che quindi contrastano. Per fare alcuni esempi, dabigatran è antagonista della trombina, mentre Apixaban, rivaroxaban e endoxaban lavorano sul fattore Xa.

Una nota dell’AIFA sottolinea che questi farmaci dovrebbero essere evitati in soggetti con una storia di trombosi accertata con sindrome antifosfolipidica (APS). La gestione dei pazienti che assumono NOA può diventare difficile in ospedale: a questo tema è dedicato uno studio Delphi condotto in Belgio e pubblicato su “British Journal of Clinical Pharmacology”.

Lo studio

Gli autori dello studio hanno avviato un processo di consenso Delphi per stabilire nuove linee guida per la gestione preoperatoria di pazienti che assumono DOACs e per la gestione dei pazienti che, pur non dovendo essere operati, necessitano di una sospensione del farmaco per un certo periodo. Lo studio è stato condotto in un ospedale universitario da 1000 posti letto, più nel dettaglio nel Heart Center del Ghent University Hospital.

Gli autori hanno preparato delle domande basandosi sulle revisioni di letteratura e su interviste telefoniche a medici prescrittori e poi hanno formato 2 panel di esperti, uno dedicato all’ambito preoperatorio e l’altro a pazienti da non operare. Ogni panel ha svolto 2 round di confronto, il primo online e il secondo in presenza.

Alla fine del secondo round di Delphi, le nuove linee guida includono indicazioni per ritardare l’assunzione orale di DOACs nel post-operatorio: impossibilità di assumere un farmaco oralmente, possibilità di reintervento entro 3 giorni, emostasi insufficiente, valutata tramite presenza di ematomi significativi dal punto di vista clinico o emorragia nel drenaggio o a carico della ferita.

Gli esperti hanno delineato anche motivazioni per interrompere la terapia con DOACs in situazione non chirurgica. Indicazioni più precise si trovano nel testo dell’articolo, che però non è open source. Il lavoro svolto dal team belga punta a supportare i medici prescrittori e migliorare la revisione di terapia da parte dei farmacisti ospedalieri. 

I partecipanti allo studio

Lo studio Delphi qui presentato ha visto la partecipazione di diversi Dipartimenti della Ghent University: Farmacia, Cardiologia, Medicina Interna e Pediatria, Chirurgia Toracica e Vascolare, Struttura Umana e Riparazione. 

Lo studio: Capiau A, De Vleeschauwer J, De Backer T, Gevaert S, Randon C, Mehuys E, Boussery K, Somers A. Optimizing anticoagulation therapy for in-hospital patients on direct oral anticoagulants: a single-centre modified Delphi study. Br J Clin Pharmacol. 2024 Jul 3. doi: 10.1111/bcp.16159. Epub ahead of print. PMID: 38957976