Farmacogenomica in clinica, barriere all’adozione in Australia

Farmacogenetica e farmacogenomica sono due strumenti della medicina personalizzata: esse studiano la relazione tra varianti polimorfe del genoma del paziente e la risposta e tolleranza nei confronti di una data terapia.
Ciò consente ai clinici di scegliere la via terapeutica più efficace, con maggior vantaggio per il paziente e anche per l’ospedale: senza questo supporto può capitare di doversi muovere in modo empirico, passando da una terapia all’altra fino a trovare quella rispondente.

Nel frattempo, però, la malattia può essere progredita, rendendone più complessa la guarigione o stabilizzazione. La farmacogenomica è poi importante anche in fase di studio di una data patologia, permettendo di individuare possibili bersagli terapeutici: dalla sua introduzione, questi sono aumentati in numero di 5-10 volte, a seconda degli ambiti di applicazione.
Al momento sono in fase di sviluppo test associati a un dato farmaco che consentono di verificarne la sensibilità del paziente.

Il loro uso è però ancora limitato. Quali sono le barriere che si frappongono all’uso reale dei test già disponibili? Se lo è chiesto anche un team di ricerca australiano che ha condotto un survey per capire cosa impedisca ai clinici australiani di usare questi test.

Tre gli ospedali coinvolti, tutti di Sidney, per un totale di 107 partecipanti, 75 medici e 25 farmacisti ospedalieri: l’Ospedale St Vincent, il Royal Prince Alfred Hospital e il Westmead Hospital. Ovviamente l’indagine ha l’intento di mettere in evidenza possibili vincoli od ostacoli e non vuole certo dare una risposta esaustiva alla domanda di partenza.
Il primo aspetto interessante è che la maggioranza ha dichiarato che i test di farmacogenomica sono importanti nella pratica clinica per identificare le ragioni degli eventi avversi associati ai farmaci, ma messi al dunque solo alcuni hanno detto di averli usati in passato o di avere intenzione di farlo in futuro.
In pochi, inoltre, hanno dichiarato di sentirsi preparati a leggere correttamente gli esiti dei test, ordinarli e comunicarne i risultati ai pazienti.

A ciò si aggiunge la mancanza di linee guida chiare e di conoscenza. Questi sono, secondo questo studio, i principali ostacoli all’implementazione dei test di farmacogenomica nei tre ospedali indagati. Non bisogna poi dimenticare il tema del rimborso per i test effettuati, che deve essere adeguato.
Per concludere, gli autori suggeriscono che l’uso di un modello di cura basato su equipe multidisciplinari e campioni clinici locali potrebbe facilitare l’accettazione pratica di questi test, che sono innovativi e quindi possono spaventare.

Lo studio ha coinvolto, oltre ai tre ospedali già citati, anche il Centro di Genomica Clinica Kinghorn del Garvan Institute of Medical Research di Darlinghurst, l’Universitòà del New South Wales e l’Università di Sidney.

(Lo studio: Pearce A, Terrill B, Alffenaar JW, Patanwala S, Kummerfeld S, Day R, Young MA, Stocker S. Pharmacogenomic testing: perception of clinical utility, enablers and barriers to adoption in Australian hospitals. Intern Med J. 2022 Feb 21. doi: 10.1111/imj.15719. Epub ahead of print. PMID: 35191159)

Stefania Somaré