Covid sotto controllo grazie ad antivirali come remdesivir

«Dal punto di vista epidemiologico stiamo attraversando un’epoca post pandemica, anche se non è stata ancora decretata ufficialmente la fine siamo in fase conclusiva». Il prof. Michele Bartoletti dell’Ospedale Humanitas di Rozzano (MI) fa il punto della situazione sull’evoluzione della malattia causata dal Covid-19 e sulle soluzioni terapeutiche disponibili per combatterla.

«Stiamo passando a una situazione endemica. Il virus continuerà a circolare ma senza provocare quello che abbiamo vissuto all’inizio della pandemia. Continueremo ad avere, ciclicamente, un sali e scendi di casi, ma non più grandi ondate o grossi problemi. Soprattutto, ora abbiamo più farmaci: ci sono tre antivirali e ne stanno uscendo di nuovi».

Tra questi antivirali, il remdesivir, nato come anti-ebola, in laboratorio ha dimostrato efficacia contro il Covid-19, per questo è stato studiato già a inizio pandemia.

«Inizialmente, i dati disponibili erano incerti, probabilmente il farmaco era utilizzato in modo sbagliato. Tutti gli antivirali, soprattutto per quello devono contrastare la malattia respiratoria, funzionano bene se somministrati all’esordio della malattia».

A inizio pandemia, però, alle persone si sconsigliava di recarsi in Pronto Soccorso se non in casi davvero gravi. Quando i cittadini si rivolgevano al Pronto Soccorso erano già in condizioni preoccupanti, con la polmonite e difficoltà respiratorie e spesso il farmaco veniva somministrato troppo tardi.
Quando si è compreso che il farmaco andava somministrato entro i primi giorni dall’inizio dei sintomi, è stata dimostrata grande efficacia nell’evitare l’ospedalizzazione e la morte.

Un altro problema era la via di somministrazione: all’inizio si usava solo endovena e quindi bisognava fare delle flebo, ma i medici di base erano impossibilitati a prescriverlo e i pazienti erano costretti ad andare in ospedale.
In alcuni casi, sono stati fatti dei centri infusionali ed extra ospedalieri, ma prevedevano comunque la presenza di un infermiere e ciò ha ostacolato l’uso massiccio del farmaco su larga scala, soprattutto dopo che sono stati sdoganati e sviluppati degli antivirali per via orale.

Comunque, il farmaco mantiene un’ottima attività, soprattutto in pazienti anziani che richiedono ricovero. Per i più giovani, invece, il tema è dibattuto perché la grande efficacia del farmaco è su pazienti con fattori di rischio per malattia grave (in questo momento un ragazzo di vent’anni che ha fatto 3-4 dosi di vaccino non è un paziente a rischio).

Esiste, comunque, una quota di popolazione che, nonostante la vaccinazione, continua ad avere un minimo rischio di sviluppare una malattia grave, in particolare gli immunodepressi che non sviluppano gli anticorpi nonostante il vaccino a causa di deficit del sistema immunitario. Questa è l’unica popolazione che realmente sta dando problemi in termini di polmonite da Covid e l’uso di questo farmaco, anche in combinazione, sta dando una grossa mano per contrastare questo problema.