Bridge The Gap, per una miglior assistenza sul territorio

Stando ai dati del Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 del Ministero della Salute, l’incidenza complessiva delle neoplasie ematologiche è di circa il 10% rispetto a quella di tutti i tumori, con linfomi e leucemie che rappresentano rispettivamente l’ottava e la nona causa di morte per patologie neoplastiche.

I pazienti oncoematologici incontrano tuttavia numerosi gap nell’assistenza – come rivelato dal progetto “Bridge the Gap, insieme per una nuova assistenza ai pazienti oncoematologici” a cura di Isheo srl e La Lampada di Aladino ETS, di cui il terzo momento, relativo alla situazione nella Regione Lazio, è stato presentato al Policlinico Tor Vergata lo scorso 23 maggio.

Difficoltà di presa in carico da parte della medicina territoriale, scarso supporto psicologico e mancanza di continuità assistenziale tra ospedale e medico di famiglia, sono le principali criticità con cui devono fare i conti i pazienti oncoematologici residenti nella Regione Lazio, ultima delle tre tappe del progetto che ha coinvolto anche Lombardia e Puglia.

Il progetto Bridge The Gap

Il progetto Bridge the Gap, realizzato anche grazie al supporto non condizionante di Astellas Pharma, Astrazeneca e Roche, si è posto come obiettivo primario proprio l’individuazione dei gap esistenti nell’assistenza per questo target di pazienti in termini di criticità e prestazioni erogate, per costruire uno scenario auspicabile di livello nazionale.

Con questa finalità è stata portata avanti l’indagine nelle 3 regioni italiane, con il coinvolgimento di cinque stakeholder di riferimento in ciascuna realtà, validata da un comitato scientifico di sei ematologi.

De-burocratizzare il sistema per migliorare la qualità dell’assistenza

«Per migliorare l’assistenza al paziente ematologico e oncologico, credo che oggi si debba agire in più direzioni sul concetto di fragilità, che in sé va al di là della malattia oncologica», ha sostenuto introducendo i lavori Giuseppe Quintavalle, direttore generale della Fondazione Policlinico Tor Vergata.

«Per esempio, sulle modalità di presa in carico, la de-burocratizzazione del sistema può aiutare ad avere più tempo da dedicare al paziente e può aiutare a individuare precocemente i bisogni, non solo sanitari.
Soprattutto può favorire la domiciliarità del paziente anche nelle fasi terminali, con accompagnamenti e aiuti, ed evitando il ricorso a ricoveri inappropriati.
Il cambiamento culturale è in atto, non possiamo più tornare indietro. Dobbiamo altresì agire sulle inappropriatezze, che esistono nel sistema e da queste ricavare poi una parte dei fondi necessari per realizzare il cambiamento assistenziale».

Creare sinergie ospedale-territorio

L’individuazione dei gap esistenti rappresenta il punto di partenza da cui partire per un confronto con tutti gli stakeholder coinvolti a vario titolo: oncologi, farmacisti ospedalieri, medici di medicina generale, pazienti, manager sanitari.

«Perché solo ascoltando tutti si può pensare a un cambiamento appropriato e sostenibile», ha enfatizzato Davide Petruzzelli, presidente di La Lampada di Aladino ETS.
«Il messaggio chiave che ne emerge è la necessità di creare sinergie tra ospedale e territorio, per avere cure più prossime ai cittadini come prevede il PNRR, da un lato, e una organizzazione di qualità come disegna il Piano Oncologico Nazionale, dall’altro.
In ematologia oncologica l’innovazione inizia a cambiare la storia di alcune patologie e proprio per questo è indispensabile coniugarla con una qualità di vita che non tenga conto solo degli aspetti strettamente clinici».

Semplificare l’accesso alle cure

Prima ancora di pensare alla qualità delle cure occorre però semplificare i modelli organizzativi, rendendo meno complesso l’accesso ai trattamenti, considerando che il progresso della ricerca e l’avvento di innovative terapie e percorsi di cura personalizzati ha consentito nel tempo un guadagno enorme in termini di aspettativa e qualità di vita per questi pazienti, tanto che ad oggi ne guariscono 7 su 10.

Conoscere i gap esistenti nell’assistenza rappresenta dunque il punto di partenza per dar vita ad un reale cambiamento in termini di appropriatezza – diagnostica e terapeutica – di tempestività delle cure e di follow-up. In questo contesto, si inseriscono tuttavia anche soluzioni tecnologiche, telemedicina e programmi di assistenza domiciliare smart, in grado di consentire una gestione personalizzata delle problematiche soprattutto nei pazienti anziani.

Il progetto Home Delivery

E proprio in questa direzione va il progetto pilota Home Delivery, a cura della SIFO, illustrato dal suo segretario nazionale, Marcello Pani.
Il progetto è al via in 4 Regioni (Veneto, Lazio, Abruzzo e Campania) attraverso un’attività integrata ospedale e territorio che coinvolge anche le farmacie di comunità.

«Si tratta di un progetto pilota di assistenza a domicilio, in partenza nelle prossime settimane, che vuol essere trasversale e universale. Si adatta a quei pazienti che, in generale, hanno problematiche di fragilità, di residenza disagiata da un punto di vista geografico e di assenza di supporto sufficiente di caregivers.

Per i pazienti oncoematologici, questo progetto consentirà di fornire a domicilio terapie orali classificate in fascia H. Ricevendo il farmaco a casa, si vuole azzerare il disagio per il paziente di recarsi in ospedale. Contemporaneamente, questo vantaggio logistico di natura pubblica aiuta anche il SSN perché il farmaco viene consegnato in sicurezza nel momento e nella quantità giusta, evitando attese e sprechi.

Inoltre, al paziente viene dato anche un software, un’app scaricabile sul proprio pc, tablet o smartphone, con la quale inserire e gestire in modo autonomo tempi e modalità individuali di somministrazione del farmaco. Tutto ciò innesca un percorso virtuoso di informazioni e di dati condivisi con i clinici che permettono di garantire l’aderenza terapeutica, oltre che registrare e correggere eventuali eventi avversi», ha precisato Pani.

In base alle analisi realizzate anche in Puglia e Lombardia verrà costruito un modello per la gestione ottimale dei pazienti oncoematologici, che confluirà in un Piano di Intervento Nazionale rivolto a tutte le regioni che avrà il compito di definire i punti cardine dell’assistenza al paziente oncoematologico, per rendere le cure uniformi su tutto il territorio.