Bassi livelli di albumina e rischio cancro e infarto in anziani

Uno studio italiano pubblicato su eClinical Medicine-Lancet ha evidenziato che la presenza di bassi livelli di albumina è associata a mortalità per cancro e malattie cardiovascolari in soggetti di età pari o superiore a 65 anni.

Uno studio italiano, condotto dall’Università di Roma La Sapienza in collaborazione con l’Irccs Neuromed di Pozzilli, il Mediterranea Cardiocentro di Napoli e l’Università LUM di Casamassima, ha messo in luce un’associazione significativa tra ipoalbuminemia e aumento del rischio di mortalità per malattie vascolari e cancro in soggetti anziani.

Lo studio e le principali evidenze emerse

La ricerca, condotta sulla base dei dati raccolti dallo studio epidemiologico Moli-sani e pubblicata sulla rivista scientifica eClinical Medicine-Lancet, ha coinvolto un campione molto esteso, pari a circa 18mila soggetti, dei quali 3.299 di età pari o superiore a 65 anni, dimostrando che livelli di albumina inferiori a 35 g/L sono collegati a un rischio maggiore di morte negli anziani. 

La relazione è stata confermata anche dopo aver escluso fattori che possono impattare sui livelli di albumina, come malattie renali, epatiche e stati infiammatori acuti.

Ipoalbuminemia e basso livello socioeconomico

Un dato interessante emerso dalla ricerca è la correlazione tra ipoalbuminemia e basso livello socioeconomico, che ha evidenziato un problema sociale in base al quale, per ragioni economiche, molti anziani optano per una dieta meno salutare e povera di proteine nobili.

L’importanza della medicina predittiva e le ricadute su pratica clinica e prevenzione

«La possibilità di ottenere indicazioni predittive su malattie con alta incidenza e elevato rischio di morte, come quelle cardiovascolari o i tumori, attraverso un esame semplice e ampiamente disponibile, anche a basso costo, rappresenta una importante conquista per la medicina moderna», commenta Antonella Polimeni, rettrice dell’Università di Roma La Sapienza.

«Questo studio, che conferma e consolida l’eccellenza dell’attività scientifica delle università e degli enti di ricerca italiani in campo medico, ha anche un importante valore sociale attribuibile alle possibili ricadute nell’ambito della prevenzione».

Lo studio può, infatti, avere implicazioni dirette sulla pratica clinica e sulla prevenzione: la misura dell’albumina nel sangue è un test semplice e poco costoso che potrebbe essere quindi inserito tra le analisi di primo livello, consentendo di porre maggiore attenzione ai soggetti potenzialmente a rischio.

Il ruolo dell’albumina

«La nostra analisi origina dal fatto che nel sangue l’albumina è una proteina che svolge attività antiossidante, antinfiammatoria e anticoagulante. La sua diminuzione, pertanto, accentua lo stato infiammatorio sistemico, facilitando l’iperattività delle cellule predisposte alla cancerogenesi o alla trombosi. È importante, in questo contesto, sottolineare che cancro e infarto cardiaco condividono una base comune proprio nella presenza di uno stato infiammatorio cronico, e che pazienti a rischio di malattie cardiovascolari, come i diabetici e gli obesi, sono anche a rischio di cancro», spiega Francesco Violi, professore emerito della Sapienza Università di Roma e ideatore dello studio.

Bassi livelli di albumina e maggiore suscettibilità verso gravi patologie

«I risultati del nostro studio mostrano che un livello basso di albumina, oltre a fornire indicazioni sullo stato nutrizionale e sulla salute del fegato, segnala anche una aumentata suscettibilità verso altre gravi patologie. L’ipoalbuminemia potrebbe riflettere quel processo infiammatorio cronico, tipico dell’invecchiamento, noto come inflammaging, che potrebbe aver contribuito al rischio elevato di mortalità che abbiamo osservato», aggiunge Augusto Di Castelnuovo, epidemiologo della Mediterranea Cardiocentro e dell’Irccs Neuromed.