Antibiotici, nuovo report AIFA

L’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) di AIFA ha da poco pubblicato il suo rapporto “L’uso degli antibiotici in Italia – 2021”, che analizza la prescrizione territoriale e ospedaliera, l’appropriatezza prescrittiva e fa un confronto con l’Europa.

In ottica “One Health”, si analizza anche l’uso di antibiotici in ambito veterinario. Il documento dedica poi un capitolo all’uso di antibiotici durante la pandemia da Covid-19. Vediamo quali sono i punti principali di questo documento. Il primo riguarda senza dubbio il trend in costante diminuzione dell’uso di antibiotici, che nel 2021 vede un -3.3% rispetto al 2020. La gestione degli antibiotici sembra più semplice in ambito sanitario che territoriale: lo dimostra il fatto che il 26.3% degli antibiotici di classe A utilizzati nel territorio vengono acquistati privatamente, senza ricetta, quindi. Inoltre, pensando agli antibiotici rimborsati dal SSN, quasi il 90% viene erogato proprio sul territorio. Infine, quasi l’80% degli antibiotici viene prescritto da medici di medicina generale o pediatri di libera scelta e non sempre le prescrizioni sono appropriate.

Il Rapporto OsMed ha valutato l’operato di 800 medici di medicina generale, per un totale di 1.058.289 di pazienti di età superiore ai 14 anni, in particolare in riferimento al trattamento delle infezioni delle vie respiratorie e delle vie urinarie. Nel primo caso, occorre sincerarsi che l’antibiotico venga prescritto solo in presenza di infezioni batteriche e che si scelgano le classi più adeguate.

Nel caso delle infezioni delle basse vie urinarie, invece, occorre selezionare l’antibiotico adeguato in base alla tipologia e gravità dell’infezione. I risultati delle analisi condotte evidenziano ancora una inadeguatezza prescrittiva compresa tra il 24% e il 32%, con un aumento del consumo di antibiotici per entrambe le tipologie di infezione. Però, mentre la situazione per le infezioni urinarie sembra essere stabile, si assiste a un peggioramento per quanto riguarda tonsillite e faringite acuta e bronchite acuta. In ospedale è più semplice controllare il consumo di antibiotici, sebbene anche in questo caso vi sia la necessità di stressare su un uso consapevole e corretto degli antibiotici.

L’Italia è infatti nota per avere alti livelli di infezioni correlate all’assistenza da parte di batteri resistenti agli antibiotici. Nel 2021 c’è stata una riduzione del 23.3% del consumo di antibiotici in ospedale, pari a 70,6 DDD/100 giornate di degenza, numeri che evidenziano come il consumo di antibiotici ospedaliero sia residuale rispetto a quello territoriale, con percentuali che oscillano tra l8.6% del Nord e il 5.2% del Sud. Il Nord, inoltre, mostra una riduzione più marcata dei consumi ospedalieri, pari al -29%, con sole 67.4 DDD, mentre è il Centro del Paese quello che consuma più antibiotici in ospedale, 79.3 DDD, e ha mostrato un calo minore (-12.6%).

In ogni caso, se si considera l’obiettivo stabilito dal PNCAR di ridurre in tutte le aree del Paese il consumo di antibiotici del 5% rispetto al 2016, nel 2021 solo le Regioni del Nord hanno fatto centro, mentre quelle del Centro e del Sud hanno visto degli aumenti, pari rispettivamente al 3.4% e al 9.2%.

Nello stesso quinquennio si osserva un aumento della spesa sanitaria per l’acquisto di antibiotici, del 25.8% a livello nazionale, da attribuire forse all’uso di antibiotici di nuova generazione, più costosi, per contrastare il fenomeno della multiresistenza. Per concludere, occorre sottolineare che, nonostante i miglioramenti visti in questo ambito, l’Italia è ancora uno dei Paesi europei a utilizzare più antibiotici.

Nel 2021 in Europa il consumo medio di antibiotici è stato di 15,01 DDD/1000 abitanti al giorno, mentre noi ci siamo attestati su 15,99 DDD/1000 abitanti al giorno, al 10imo posto. Inoltre, risultiamo scarsi nell’uso degli antibiotici inclusi nel gruppo Access, stabiliti come i migliori per i trattamenti in prima e seconda linea. La media europea di utilizzo è del 62.3%, mentre noi siamo al 49%. Parallelamente, noi prescriviamo molti antibiotici del gruppo Watch, ovvero quelli con maggior rischio di indurre una antibioticoresistenza (52%).

A livello ospedaliero, l’Italia è all’11° posto per consumo di antibiotici. Sembrerebbe quindi necessario continuare a operare per aumentare la consapevolezza del personale medico dell’importanza di utilizzare certe classi antibiotiche rispetto ad altre, riducendo in particolare gli antibiotici ad ampio spettro: al momento, infatti, le penicilline in associazione agli inibitori delle beta-lattamasi si confermano i più utilizzati, seguiti da macrolidi e fluorochinoloni.