Dispositivi medici, la qualità al centro

La qualità dei dispositivi medici va esaminata con attenzione, coinvolgendo nella valutazione anche il farmacista ospedaliero. Così si potrebbe riassumere il messaggio-chiave del webinar “L’evidence based pharmacy nella valutazione dei dispositivi medici: il quality assessment”, svoltosi nell’ambito del congresso nazionale Sifact – Società italiana di farmacia clinica e terapia.

A porre l’accento sulla qualità è anzitutto il regolamento europeo 745 del 2017 sui dispositivi medici, che abroga le direttive europee 42 del 1993 sui dispositivi medici e 385 del 1990 sui dispositivi medici impiantabili attivi e che è pienamente applicabile dal 26 maggio 2021.

La nuova normativa impatta anche sulle attività degli organismi notificati, che certificano i prodotti ai fini della marcatura.

«Si tratta di enti terzi indipendenti, chiamati a operare nel rispetto dei principi di obiettività, imparzialità e riservatezza», spiega Roberta Marcoaldi, direttore dell’organismo notificato 0373 dell’Istituto superiore di sanità. «In base al regolamento, l’organismo deve conformarsi a prescrizioni riguardanti organizzazione e gestione della qualità, qualifica del personale, valutazione della documentazione tecnica, audit presso i fabbricanti».

Una delle principali novità rispetto alle precedenti direttive è l’introduzione di misure di sorveglianza straordinarie, sotto forma di audit senza preavviso o con un breve preavviso.
Un’altra è la grande importanza attribuita alla sorveglianza post-commercializzazione, che il fabbricante è tenuto a effettuare a norma degli articoli da 83 a 86 del regolamento.

«Il post market clinical follow-up ha l’obiettivo di confermare sicurezza e prestazioni di un prodotto per tutto il suo ciclo di vita», aggiunge Marcoaldi. «Uno studio in tal senso è indicato soprattutto nel caso di dispositivi innovativi, ad alto rischio, utilizzati da popolazione pediatrica o geriatrica, con marcatura basata sul principio di equivalenza. Per condurlo, si può realizzare un esteso follow-up dei pazienti arruolati nelle indagini di pre-commercializzazione, una nuova indagine clinica o un’analisi dei dati provenienti da registri retrospettivi».

Acquisti basati sul valore

Di value based procurement parla Sabrina Trippoli, dirigente farmacista dell’unità operativa Supporto delle politiche del farmaco dell’Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale (Estar) della Toscana.

«Ai sensi del nuovo codice degli appalti (decreto 50 del 2016) i capitolati si basano sulla valutazione del prezzo (punteggio da 0 a 30) e della qualità (punteggio da 0 a 70) dei prodotti, senza però valutarne l’efficacia clinica e il valore terapeutico», rende noto l’esperta.

«Eppure questi ultimi due elementi devono essere incorporati nelle procedure di acquisto dei dispositivi a media e ad alta complessità e per farlo occorre adottare metodi value based. Tra quelli applicabili a un singolo dispositivo, e già impiegati nel settore dei farmaci, si annoverano rapporto costo-efficacia, payback, payment at results, risk sharing. Tra quelli applicabili a una classe di prodotti, c’è, invece, il Net monetary benefit, un metodo complesso utilizzabile nell’ambito di una gara che consiste nella sommatoria di fattori “monetizzati” con segno algebrico positivo o negativo».

Proprio a tale metodologia ha fatto riferimento la Regione Toscana nelle linee di indirizzo sul procurement value-based emanate l’11 ottobre 2021.

Il contributo del farmacista ospedaliero

Importante in tutto ciò è anche considerare i dati derivanti dal mondo reale. «I trial controllati randomizzati presentano alcuni limiti», fa notare Giuseppa Lo Surdo, data manager all’unità operativa complessa di Farmacia ospedaliera della Fondazione Gabriele Monasterio di Massa.

«Per esempio, sono condotti su popolazioni selezionate in setting protetti, sono dispendiosi in termini di tempo e investimenti economici, studiano una popolazione numericamente ridotta, hanno un follow-up di breve durata.
Un’alternativa è costituita dagli studi di real world, che generano real world data e real world evidence, utili per valutare anche i dispositivi medici.

Questi dati, se usati in modo coerente e rigoroso, possono rappresentare l’evoluzione della medicina personalizzata, ottimizzare la spesa farmaceutica, costituire uno strumento innovativo di governance sanitaria, rispondere a esigenze cliniche irrisolte».

Proprio in tale ambito si possono anche creare nuove opportunità professionali per il farmacista ospedaliero, chiamato a contribuire al processo di selezione e valutazione dei dispositivi, coniugando le esigenze di salute e sicurezza con quelle di sostenibilità.

Paola Arosio