È partita la seconda edizione di Women in Rare, il progetto promosso da Alexion, AstraZeneca Rare Disease in partnership con Uniamo e in collaborazione con Fondazione Onda, per indagare l’impatto delle malattie rare sulla vita delle donne, sia come pazienti sia come caregiver.
La diagnosi di una malattia rara rappresenta un vero e proprio ostacolo, si stima che in media, in Europa, il ritardo diagnostico sia di circa 5 anni. Il tempo che trascorre dall’insorgere della malattia all’inizio delle terapie ha conseguenze importanti sulla gestione clinica della malattia, oltre che sulla quotidianità di pazienti e caregiver.
Una condizione che riguarda soprattutto la popolazione femminile, dal momento che l’incidenza delle malattie rare è maggiore tra le donne e che circa il 90% dei caregiver di persone con malattie rare è donna.
Gli ideatori del progetto hanno lanciato un’indagine nazionale per tracciare i confini della situazione e raccogliere dati utili a promuovere politiche di intervento e priorità di azione a livello nazionale.
Il report indaga in particolare, tempi e ostacoli nel percorso di diagnosi delle persone con malattia rara, i costi economici e sociali del ritardo diagnostico e le diseguaglianze di genere.
Per l’occasione è stata creato un sondaggio rivolto a tutte le persone con una malattia rara e ai caregiver, donne e uomini, di ogni età e provenienza.
Il questionario è disponibile sul sito di Uniamo e sarà attivo fino all’8 agosto 2025, e poi dal 15 settembre al 17 ottobre 2025.
Con la partecipazione di Censis e Altems, e con il contributo di un comitato scientifico composto da esperti Women in Rare si consolida come think tank che quest’anno mira ad approfondire il tema dell’efficientamento del sistema di presa in carico della paziente con malattia rara, con particolare focus sul ritardo diagnostico, dalle cause all’impatto sulla qualità di vita della donna.
«L’analisi dei dati raccolti permetterà di valutare le cause e l’impatto del ritardo diagnostico sulla condizione sanitaria, sul percorso educativo e lavorativo, sulla qualità della vita, sul carico assistenziale sia dei pazienti che dei caregiver, con una particolare attenzione alle eventuali differenze di genere.
Sarà importante stimare i costi economici e sociali legati al mancato riconoscimento tempestivo delle malattie, sia per le famiglie che per il sistema Paese, e a mappare le differenze territoriali in termini di accesso ai servizi, soprattutto diagnostici», ha spiegato Ketty Vaccaro, responsabile area ricerca biomedica e salute Fondazione Censis, che ha messo a punto l’indagine e ne elaborerà il report finale.
Nell’ambito dell’indagine, saranno valutate le spese dirette e indirette legate al ritardo diagnostico e il loro impatto sul sistema Paese.
«Con questa indagine vogliamo focalizzare l’attenzione sui racconti di pazienti e caregiver per capire, oltre alla durata del percorso, quali ostacoli si incontrano e quali conseguenze ha il ritardo nella vita quotidiana», ha dichiarato Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo.
«Approfondire il percorso della rarità in ambito sociosanitario ed economico è un passo fondamentale per portare alla luce tutte le complessità e le conseguenze che queste malattie comportano. I dati che elaboreremo forniranno ai decisori evidenze scientifiche, permettendo di programmare azioni concrete, mirate a ridurre le disuguaglianze di genere, sanitarie e sociali».
«Abbiamo iniziato nel 2023 con una prima indagine che, per la prima volta in Italia, ha restituito un quadro oggettivo dell’impatto che queste patologie hanno sull’universo femminile nel nostro Paese.
Quest’anno, stiamo rafforzando il progetto consolidando un think tank il cui obiettivo è continuare a raccogliere prove scientifiche e conoscenze in questo campo», ha commentato Anna Chiara Rossi, VP & general manager Italy Alexion, AstraZeneca Rare Disease.
«Vogliamo dimostrare, con dati concreti, come i ritardi nella diagnosi e nell’accesso alle terapie abbiano un impatto enorme non solo sulle persone affette da malattie rare, ma anche sull’intero sistema sanitario e sociale.
E vogliamo lavorare con istituzioni, associazioni di pazienti, comunità scientifica e tutti gli stakeholder dell’ecosistema delle malattie rare per trovare insieme nuove linee d’azione orientate a promuovere un approccio più equo alla salute».




