La vitiligine è una patologia dermatologica spesso sottovalutata ma che impatta significativamente sulla qualità di vita dei soggetti che ne sono affetti. In occasione del XLV Congresso SIFO, un mini simposio Incyte ha posto l’attenzione sul tema, mettendo in luce i numeri della patologia e il suo impatto sociale nel nostro Paese, evidenziando al contempo l’efficacia del primo trattamento a uso topico specifico.

La vitiligine è una malattia cronica infiammatoria a patogenesi autoimmune, molto a lungo sottovalutata e declassata a problema di natura estetica, che ha stentato ad essere riconosciuta come una seria condizione dermatologica.

Dal punto di vista clinico, comporta una perdita di melanina, il pigmento che dà il colore alla nostra pelle, con la conseguente comparsa di macchie depigmentate più o meno estese. I trattamenti impiegati finora – corticosteroidi, inibitori topici della calcineurina, fototerapia – non producevano risultati soddisfacenti, presentando limitazioni dovute a scarsa efficacia ed eventi avversi.

L’arrivo di un inibitore selettivo di Janus chinasi, il ruxolitinib – disponibile e rimborsato in Italia – ha rivoluzionato completamente lo scenario, apportando un beneficio significativo e duraturo ai pazienti, con un conseguente impatto sulla loro qualità di vita. Il tema è stato al centro del mini simposio Incyte nella terza giornata di lavori del XLV Congresso SIFO, ospitato a Napoli dal 17 al 20 ottobre.

Le caratteristiche della vitiligine

La vitiligine si divide in tre tipologie: vitiligine non segmentale (quella più comune, che risponde meglio alle terapie); vitiligine segmentale (che generalmente compare precocemente ed è più refrattaria ai trattamenti) e forme miste.

«Si tratta di una patologia che può insorgere a ogni età in soggetti di sesso sia maschile sia femminile, che non presenta campanelli di allarme, ma che impatta drammaticamente sull’immagine di sé, portando all’insorgenza di comorbidità psicosociali.

Basti pensare che i soggetti con vitiligine presentano un rischio di depressione di cinque volte superiore rispetto a coloro che non sperimentano questa patologia», ha spiegato il prof. Luca Bianchi, direttore della UOSD Dermatologia presso il Policlinico di Roma Tor Vergata e professore ordinario di Dermatologia e Venereologia presso il medesimo ateneo, che ha quindi aggiunto: «il sintomo più evidente è la comparsa di chiazze depigmentate sulla pelle, dove i melanociti hanno perso la loro funzione. Le macchie possono interessare qualsiasi parte del corpo, inclusi viso, mani, piedi, braccia, gambe e genitali».

Dal punto di vista clinico, la sua gestione rappresenta un’importante sfida sia per il medico sia per il paziente, anche a causa di una diffusa sfiducia circa l’efficacia dei trattamenti.

Infatti, il 44% dei pazienti interrompe la ricerca di nuove terapie, mentre il 53-54% interrompe il trattamento per diverse ragioni: stanchezza o elevati costi economici. Un esempio è offerto dalla fototerapia, un trattamento comune, non rimborsato, che richiede una altissima compliance quotidiana.

I numeri della vitiligine in Italia

A fare chiarezza sui numeri e sull’impatto psicosociale ed economico della vitiligine è stato Adriano Pagani, partner e managing director di Kearney.

«A livello nazionale – alla luce di un’analisi basata sui dati real world dei pazienti – la prevalenza della vitiligine è risultata essere dello 0,55%, pari a 1 su 200, di cui 280 mila pazienti con forma non segmentale. Con il supporto degli opinion leader abbiamo definito diverse classi di pazienti, che si traducono in un diverso livello di trattamento e di impatto psicosociale.

I bambini, per esempio, non si preoccupano delle loro macchie che sono tuttavia fonte di ansia per i genitori; il problema è più marcato per gli adolescenti, che possono diventare oggetto di bullismo e di discriminazione, ma anche per gli uomini giovani perché più attivi socialmente, e per le donne, da sempre più attente al loro aspetto. L’attenzione all’estetica tende poi a scemare con l’avanzare degli anni». 

Escludendo, quindi, coloro che hanno accettato la malattia, ci sono 152 mila pazienti con diagnosi di vitiligine non segmentale, di cui 54 mila con una malattia da moderata a molto grave.

I costi psicosociali della malattia

La progressiva alterazione dell’aspetto associata alla vitiligine impatta drammaticamente sia sull’autostima, con una scarsa accettazione di sé e un disagio psicologico, sia sulla produttività, con una sua forte perdita sia per pazienti che per i caregiver. Per stimare il costo sociale della patologia, l’indagine Kearney ha analizzato cinque voci di costo, sanitarie e non.

Le tre voci di costo sanitarie prese in esame sono state quelle relative al: trattamento della vitiligine, alle comorbilità autoimmuni nonché alle condizioni di salute mentale; quelle non sanitarie prese in esame afferiscono ai costi calcolati per: prodotti non farmacologici e costi sociali indiretti.

Ne deriva un costo totale pari a mezzo miliardo di euro l’anno, solo nel nostro Paese, di cui oltre il 50% grava sulle spalle di pazienti e caregiver, il 27% si traduce in costi legati alla perdita di produttività, mentre appena un 18% è sostenuto dal sistema sanitario nazionale.

L’innovazione del primo trattamento specifico per la vitiligine

A fronte di un unmet need che determina costi sociali e sanitari molto significativi, l’introduzione del primo trattamento specifico per la vitiligine – ruxolitinib crema – approvato e rimborsato in Italia, rappresenta un cambiamento epocale per questo target di pazienti.

Indicazioni e meccanismo d’azione

Il trattamento riguarda la forma non segmentale della patologia con interessamento del viso negli adulti e negli adolescenti a partire dai 12 anni d’età. Ruxolitinib è un inibitore selettivo della Janus chinasi che, agendo alla base della malattia, consente la re-pigmentazione della pelle dei pazienti, sia sul viso che sul corpo. 

«I risultati degli studi clinici di fase III – TRuE-V1 e TRuE-V2 – hanno dimostrato l’efficacia del farmaco con effetti molto significativi: fino al 90% di re-pigmentazione del viso dopo un anno di utilizzo in circa il 30% dei pazienti e fino al 50% del corpo, endpoint quest’ultimo raggiunto da circa il 50% dei pazienti dopo un anno di trattamento.
Tra gli effetti collaterali rari, prurito e una lieve manifestazione acneica sull’area di applicazione della crema. È previsto un prossimo trial per la sua utilizzazione in pazienti dai 6 anni in su», ha concluso il prof. Bianchi.