Le siringhe preriempite pronte all’uso (PFS) riducono gli errori terapeutici, garantiscono tracciabilità e standardizzazione e aumentano la sicurezza di pazienti e operatori. Le testimonianze di due farmacisti ospedalieri confermano come rappresentino oggi una scelta strategica per la pratica clinica.
Le siringhe preriempite pronte all’uso (PFS) rappresentano un’evoluzione significativa nella somministrazione dei farmaci in ambito ospedaliero. Dispositivi sterili, già dosati e immediatamente disponibili, consentono di ridurre passaggi manuali critici come apertura delle fiale, diluizione ed etichettatura estemporanea.
Oltre alla sicurezza, importanti sono anche i vantaggi in termini di tracciabilità, efficienza dei flussi e sostenibilità, economica e ambientale. A testimoniarlo sono due professionisti con esperienza diretta, Alessandro D’Arpino, direttore della Farmacia Ospedaliera dell’AO di Perugia, e Lucia Infante, SC Farmacia Ospedaliera dell’AO Santa Croce e Carle di Cuneo.
Sicurezza e riduzione degli errori
La letteratura sottolinea che oltre il 50% degli errori terapeutici avviene nella preparazione del farmaco, con un rischio fino a diciassette volte superiore rispetto all’impiego di soluzioni già pronte. Le PFS garantiscono, da questo punto di vista, maggiore precisione del dosaggio, etichettatura conforme agli standard internazionali e significativa riduzione del carico cognitivo sugli operatori.

«Ogni preparato di cui può essere evitata la manipolazione in ospedale rappresenta sempre un miglioramento in termini di qualità assistenziale», afferma Alessandro D’Arpino.
«Questo vale non solo quando la preparazione viene effettuata in reparto, quando per esempio preparare una siringa in emergenza o apporre un’etichetta improvvisata può indurre in errore, ma anche quando la preparazione viene effettuata nella farmacia dell’ospedale».

Aggiunge Lucia Infante: «l’azzeramento dell’errore avviene su più livelli: il dosaggio è corretto e standardizzato, si evitano contaminazioni microbiologiche, il medicinale è già identificato con etichette a codice colore secondo le ISO e la BPC Siaarti, rendendo più sicura la somministrazione.
Gli operatori, inoltre, diventano subito confidenti e tale fiducia nell’avere a disposizione le PFS in contesti emergenziali riduce lo stress e favorisce la concentrazione su attività critiche».
Sostenibilità economica e ambientale
La sostenibilità economica di questi dispositivi innovativi può essere considerata svantaggiosa se si paragonano direttamente i costi della siringa rispetto alla fiala. Tuttavia, come osserva Infante, va effettuata una valutazione più complessa che tenga in conto il valore aggiunto sulla sicurezza e la riduzione degli sprechi: valutazioni che hanno un risvolto vantaggioso nelle aree critiche.
E aggiunge: «nel nostro ospedale le siringhe preriempite sono state introdotte nel 2019 e da allora, per esempio nei blocchi operatori, la percentuale di utilizzo (n. siringhe preriempite utilizzate/interventi chirurgici) si mantiene costante. Questo ci conforta sull’appropriatezza d’uso e sul non verificarsi di un incremento di uso/spesa incontrollato».
Concorda D’Arpino: «la siringa pronta ha un costo superiore alla somma degli elementi per prepararla, ma viene utilizzata solo se necessaria a differenza delle fiale che devono essere allestite ma poi, non di rado scartate, per inutilizzo con un aggravio dell’impatto ambientale».
L’impatto economico di questi dispositivi va, comunque, letto con equilibrio come sottolinea ancora D’Arpino: «non parliamo di cifre tali da incidere in modo rilevante sul budget complessivo di un ospedale. Tuttavia, il passaggio alle siringhe preriempite può comportare uno spostamento tra capitoli di spesa.
Se una parte del costo del dispositivo è incorporata nel farmaco, può sembrare che la voce farmaci aumenti a scapito di quella dei dispositivi medici. Così, un ospedale che utilizza solo siringhe pronte può risultare più oneroso in termini di spesa farmaceutica rispetto a uno che impiega fiale tradizionali. In realtà, nel computo generale non ci sono squilibri significativi».
Ruolo del farmacista ospedaliero
La diffusione delle PFS non è soltanto una questione tecnica o economica: richiede un cambio di mentalità che coinvolge le direzioni sanitarie, i clinici e, in modo particolare, i farmacisti ospedalieri. A loro spetta il compito di facilitare l’introduzione di soluzioni innovative, documentarne i benefici e garantire un monitoraggio costante dell’impatto.
«Il farmacista deve essere un facilitatore in questo senso», osserva Infante. «Può supportare il personale medico e infermieristico nell’individuare le evidenze e le motivazioni strategico-organizzative sottostanti la richiesta d’uso e, soprattutto, nelle valutazioni di impatto sul budget e nel monitoraggio dell’uso».
La costruzione di una cultura della sicurezza passa quindi attraverso il dialogo tra le diverse figure professionali: «l’aumento della sicurezza di pazienti e operatori sanitari, unitamente a una riduzione dei rifiuti ospedalieri, sempre nel rispetto del monitoraggio dei costi, sono fini comuni su cui trovare un’alleanza tra le diverse figure professionali», aggiunge Infante.
Un’alleanza che, secondo D’Arpino, non può prescindere da un adeguamento dei sistemi interni: «per sfruttare appieno le potenzialità delle PFS è necessario che i sistemi informativi e informatici consentano la lettura dei codici riportati sui prodotti. Dove questi sistemi non ci sono, pur avendo un prodotto tracciabile, non se ne sfruttano le potenzialità».
Bilancio positivo
Le siringhe preriempite pronte all’uso non rappresentano soltanto un presidio tecnico, ma un vero strumento di innovazione organizzativa. Sicurezza, tracciabilità, sostenibilità economica e ambientale sono i quattro pilastri su cui si fonda il loro valore, confermato sia dai dati di letteratura sia dalle esperienze raccolte sul campo.
«L’incidenza di spesa per le siringhe preriempite sul totale della spesa farmaceutica dei blocchi operatori nel nostro ospedale si mantiene stabilmente dall’introduzione sotto lo 0,1%: questo ci permette di fare ulteriori considerazioni sul paragone di questi costi rispetto ai DRG chirurgici o anche rispetto ai risparmi derivanti da eclatanti perdite brevettuali nel settore», osserva.
«Si può considerare come un reinvestimento di risorse a favore della sicurezza». E conclude D’Arpino: «se a parità di spesa si ottengono livelli qualitativi e di sicurezza maggiori, l’obiettivo può considerarsi raggiunto».




