Retinite pigmentosa: identificato gene responsabile

(immagine: Pixabay)

È stato identificato un gene responsabile della retinite pigmentosa ereditaria sul cromosoma X: si tratta di IDH3G, che è il quarto gene a essere associato alla forma di questa malattia legata al cromosoma. Lo studio pubblicato Genetics in Medicine è stato condotto da un team di ricerca internazionale, guidato dall’italiano Lorenzo Bianco.

Con retinite pigmentosa si intende un insieme di malattie genetiche (le distrofie retiniche ereditarie) che colpiscono la retina. Queste malattie causano un lento peggioramento della vista e, nei casi più gravi, possono portare alla cecità

Sandro Banfi, professore ordinario di Genetica Medica presso il Dipartimento di Medicina di Precisione della Università della Campania Luigi Vanvitelli, ricercatore TIGEM – Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli e membro SIGU – Società Italiana di Genetica Umana, ha sottolineato come la scoperta sia un passo avanti importante per una malattia complessa come la retinite pigmentosa. 

«La retinite pigmentosa è associata a più di 80 geni mutati, ma solo 4 sono legati al cromosoma X, quindi al cromosoma sessuale. In particolare, sappiamo che il gene IDH3G è correlato alle funzioni mitocondriali (deputate alla produzione di energia), e questa scoperta apre la strada a delle potenziali implicazioni terapeutiche, sia farmacologiche che correlate alla terapia genica» ha spiegato Banfi.

Per le malattie retiniche è già stata approvata una terapia genica (voretigene neparvovec), indicata però solo per la forma causata dalla mutazione biallelica del gene RPE65.
«Ci sono molte terapie in fase di sperimentazione clinica – ha aggiunto Banfi- e insieme a me ci sono molti colleghi di SIGU impegnati in prima persona nella ricerca delle cause della retinite pigmentosa e altre patologie retiniche, e nella messa a punto di nuovi approcci terapeutici».

Banfi ha poi evidenziato quanto sia importante partecipare a network internazionali su malattie così complesse e raccontato dell’impegno di SIGU nella ricerca sulle distrofie retiniche.

«La massiccia adesione dei genetisti SIGU a tali iniziative contribuisce a rafforzare la fondamentale collaborazione tra oculisti, genetisti e ricercatori di base. È infatti l’oculista a porre la diagnosi clinica di retinite pigmentosa, ma per capire di fronte a quale forma genetica ci troviamo è necessario che un genetista medico prenda in carico il paziente, accompagnandolo verso un test Next Generation Sequencing che possa identificare il gene mutato.
Solo mappando geneticamente i pazienti con retinite pigmentosa i ricercatori possono sviluppare e studiare nuove terapie, che devono essere sottoposte a sperimentazione clinica proprio dagli stessi oculisti. Questo è l’esempio di una rete virtuosa che permette di massimizzare la presa in carico dei pazienti e l’attenzione alla ricerca clinica» ha concluso Sandro Banfi.

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